In questa prima parte di regular season ha fatto benissimo con la maglia dei Boston Celtics, riuscendo a dare un apporto significativo nella marcia senza sosta della squadra guidata da Brad Stevens, mentre nei primi sei anni della sua carriera è stato un punto di riferimento importante per i Cleveland Cavaliers, formando una coppia a dir poco stellare con LeBron James e contribuendo in maniera determinante all’anello vinto nel 2016 con la tripla decisiva in gara-7 vinta 93-89 contro i Golden State Warriors. Quel momento sembrava aver sancito quello che ormai tutti pensavano da tempo, ossia che Kyrie Irving fosse l’uomo giusto per diventare il leader indiscusso dei Cleveland Cavaliers dopo LeBron James, e invece le cose hanno preso una direzione completamente diversa.

 

La scorsa estate, infatti, The Uncle Drew ha deciso di lasciare l’Ohio e mettersi in discussione in un’altra squadra in cui poter recitare un ruolo di primo piano. Appresa la decisione del playmaker di origini australiane, tante squadre hanno bussato alla porta dei Cavs per chiedere informazioni, proporre scambi, valutare l’interesse del giocatore, pur sapendo che non sarebbe stato affatto semplice strappare il sì di entrambe le parti. A Cleveland, infatti, serviva necessariamente un playmaker di ottimo livello in cambio, in modo da poter sostituire dignitosamente Irving, e alla fine hanno deciso di accogliere Isaiah Thomas, prelevato dai Boston Celtics insieme ad Ante ZizicJae Crowder e una prima scelta dei Brooklyn Nets al prossimo Draft. La franchigia del Massachusetts l’ha spuntata sulle tante altre pretendenti, tra le quali figuravano anche i San Antonio Spurs.

 

I neroargento, infatti, hanno cullato il sogno di vedere giocare insieme Kyrie Irving e Kawhi Leonard e riportare la squadra ad essere la favorita numero uno per la vittoria dell’anello. L’ipotesi non si è poi concretizzata, anche e soprattutto a causa del fatto che gli Speroni non avessero contropartite particolarmente allettanti per convincere i Cavaliers, soprattutto per ciò che concerne il playmaker. Tra l’infortunato Tony Parker (35 anni compiuti lo scorso 17 maggio), rientrato da poche settimane dopo essersi infortunato nel corso della semifinale di Conference contro gli Houston Rockets, Patty Mills e il giovane Dejounte Murray (scelta numero 29 al primo turno del Draft 2016), infatti, nessuno dei tre sarebbe bastato, probabilmente nemmeno se nella trade fosse stato inserito LaMarcus Aldridge (che non aveva ancora rinnovato), anche perché Cleveland ha già un giocatore del calibro di Kevin Love nel ruolo di ala grande. Alla luce di tutti questi motivi, il sogno degli Spurs è rimasto tale, ma nel caso in cui si fosse concretizzato, come sarebbe stato vedere The Uncle Drew con la casacca di San Antonio?

 

Di certo, l’attuale numero 11 dei Boston Celtics non avrebbe fatto fatica ad adattarsi agli schemi di Gregg Popovich, anche perché il suo modo di giocare sembra l’ideale per la franchigia texana. Oltre a ciò, il suo innesto avrebbe rappresentato un salto di qualità non di poco conto per San Antonio nella posizione di playmaker, anche perché, se è vero che è tornato Parker, che Murray matura sempre di più e che Mills è sempre affidabile, è pur vero che avere un giocatore del calibro di Irving equivale a disporre di un fuoriclasse che farebbe comodo a qualsiasi squadra. Inoltre, la prima scelta del Draft 2011 avrebbe avuto l’opportunità di formare una coppia stratosferica con un altro grande campione uscito da quel Draft, ma con la tredicesima scelta, ossia Kawhi Leonard. Cosa avrebbero potuto regalarci i due insieme? Difficile dirlo, non avendoli mai potuto ammirare nella stessa squadra, ma chiudendo gli occhi e provando a pensarci, il risultato è una meraviglia.