Gli Charlotte Hornets tornano a vincere, seppur contro i modesti Atlanta Hawks, ultimi in classifica ad Est. A trascinare la franchigia della Carolina del Nord al successo ci ha pensato l’ex di turno, sceso in campo col dente particolarmente avvelenato: Dwight Howard. Nel 121-110 con cui gli Hornets si sbarazzano degli Hawks, infatti, il possente centro classe ’85 ha messo a referto una doppia doppia delle sue, la ventinovesima nel corso di questa regular season (quinto in NBA), facendo registrare 18 punti e 15 rimbalzi, peraltro con ben sette stoppate e ottime statistiche al tiro (4/7 dal campo e 10/14 dalla lunetta), rendendosi protagonista di una prestazione molto positiva contro la squadra della sua città, in cui l’anno scorso aveva provato a rilanciarsi dopo le esperienze altalenanti con Los Angeles Lakers prima e Houston Rockets poi.

Giocare nella squadra della propria città è sempre un’arma a doppio taglio, come insegnano, tra i tanti, i casi di Carmelo Anthony a New York e Dwyane Wade a Chicago, e per Howard quella che sembrava potesse rappresentare l’occasione giusta per ritrovare sé stesso si è trasformata in un’avventura tanto breve quanto avara di soddisfazioni, con un’adattamento mai del tutto concretizzatosi con l’ambiente e, in particolar modo, un rapporto non decollato col coach Mike Budenholzer. Atlanta ha poi concluso la stagione al quinto posto ad Est (43-39), venendo eliminata al primo turno dei playoff dagli Washington Wizards per 4-2, con Howard che ha vissuto la sua peggior stagione in carriera nella post season (8 punti, 10,7 rimbalzi e 0,8 stoppate di media a partita).

Nonostante una regular season tutto sommato positiva (13,5 punti, 12,7 rimbalzi e 1,2 stoppate per gara), gli Hawks non si sono fatti tanti problemi a scambiarlo, insieme alla trentunesima scelta dello scorso Draft, agli Charlotte Hornets per Marco Belinelli, Miles Plumlee e la quarantunesima scelta del medesimo Draft. Altro giro, altra corsa: una nuova avventura per Superman, la quinta in quattordici anni di carriera. Dagli esordi ad Orlando, in cui sfiorò il titolo e venne paragonato ad un altro giocatore affermatosi con i Magic, un certo Shaquille O’Neal, decise poi di ricalcare le orme di quest’ultimo accasandosi ai Los Angeles Lakers, ma in California non riuscì a ripetere le gesta di Shaq. Piuttosto altalenanti anche i tre anni trascorsi in quel di Houston, in cui ha fatto vedere il meglio e il peggio del suo repertorio, sia dal punto di vista tecnico che caratteriale.

I tifosi degli Hornets speravano che Howard fosse ancora in grado di sparare qualche cartuccia e di formare una coppia proficua con Kemba Walker, principale punto di riferimento della squadra di cui è proprietario Michael Jordan. Il classe ’85 non li ha delusi del tutto, esprimendosi fino a questo momento su livelli positivi, anche se è innegabile che l’Howard dei tempi d’oro sia ormai soltanto un lontano ricordo. 32 anni compiuti lo scorso 8 dicembre, il buon Dwight resta uno dei migliori nel suo ruolo della lega, ma non è riuscito a raggiungere quello status che avrebbe potuto centrare anche ad occhi chiusi se fosse stato in grado di abbinare la continuità nelle prestazioni a una condotta impeccabile, ossia quello di numero indiscusso della lega nel suo ruolo e degno erede di Shaquille O’Neal.

Quel che è certo è che, dopo Shaq, l’unico che sembrava potesse raccoglierne il testimone era proprio Howard, che per un certo periodo ha letteralmente dominato la lega, aggiudicandosi tre volte il premio di miglior difensore e cinque volte quello di miglior rimbalzista, ma dall’addio ai Magic in poi è stato un susseguirsi di tante, troppe delusioni e pochi, pochissimi momenti positivi, sia a livello individuale che collettivo. Ecco perché quella di indossare la maglia degli Charlotte Hornets rappresenta per lui un’occasione importante per dimostrare di non avere alcuna intenzione di lasciare un ricordo negativo. Nella mediocrità generale della squadra, in cui, a parte Kemba Walker, figurano ben pochi talenti e i cui risultati piuttosto altalenanti degli ultimi anni sono lo specchio fedele di una situazione tutt’altro che incoraggiante, l’ex Superman può tornare ad indossare il mantello e ad entusiasmare per la sua capacità di dominare sotto canestro e schiacciare con disarmante facilità.

Come tanti altri giocatori, forse in misura maggiore, Howard ha commesso tanti errori nella sua carriera, ma ne ha anche pagato le conseguenze e, dopotutto, non ha mai smesso di avere fiducia in sé stesso e nelle proprie potenzialità. Se è vero che avrebbe potuto avere una carriera molto più brillante per ciò che concerne prestazioni e trofei, è pur vero che pensare al passato non porta a nulla e tutto ciò che il muscoloso numero 12 di Charlotte deve fare è concentrarsi sul presente e sfruttare tutte le opportunità a sua disposizione. Stavolta, però, senza la possibilità di ricadere nel baratro degli errori, perché errare è umano, perseverare è diabolico. Dopo aver vinto 121-110 allo Spectrum Center, tra pochi giorni gli Hornets affronteranno gli Hawks al Philips Stadium di Atlanta: i padroni di casa sono avvisati, Howard ha già dimostrato di non voler fare sconti alla sua ex squadra, soprattutto in casa loro, nello stadio in cui ha vissuto una delle stagioni più difficili della sua carriera, ma anche nella città che lo ha visto crescere e diventare quello che è oggi, nel bene e nel male.