Stiamo assistendo ad un inizio di Playoff scoppiettante e ricco di colpi di scena. E fin qui sembrerebbe tutto filare per la normalità, se non fosse per ciò che sta accadendo ad una serie in particolare nella Western Conference, ovvero i Portland Trail Blazers, ormai affermata presenza delle post-season NBA e New Orleans Pelicans, la cui ultima presenza a questi livelli risale al 2015, dove vennero sonoramente spazzati via dai Warriors, poi futuri campioni.

La stagione delle due franchigie è stata sicuramente positiva anche e soprattutto per l’exploit definitivo sia di Damian Lillard che di Anthony Davis (non che abbiano bisogno di particolari presentazioni). Soprattutto il secondo si è trovato giocoforza a dover trascinare quasi da solo la franchigia, a seguito del grave infortunio di Cousins. Un’assenza forzata difficile da rimpiazzare ovviamente ma che ha trovato casualmente in giocatori dapprima definiti “secondari” i loro punti di forza, su cui Anthony Davis è nuovamente tornato a poggiare le fondamenta per la sua esplosione definitiva.  Ed è soprattutto grazie a chi non ti aspetti che, ad oggi, la serie che si prospettava la più equilibrata dell’intero tabellone ha visto lo sweep clamoroso dei Pelicans ai danni dei Blazers, con un 4-0 che lascia tanto stupore quanto la convinzione che qualcosa nel sistema di Portland non ha girato nel verso giusto.

Scioccati tutti, ma soprattutto Lillard e compagni che vengono spazzati via al primo turno, lasciando dunque anticipatamente la post-season NBA, ma le domande che gli addetti ai lavori si pongono sono fondamentalmente due: dove finiscono i meriti dei Pelicans e dove iniziano i demeriti dei Trail Blazers? Ma soprattutto cosa è successo a quest’ultimi?

 

Exploit di New Orleans

In questa stagione i ragazzi di coach Gentry hanno riscontrato molte sorprese, sia buone che meno. In primis quelle cattive, che possono essere praticamente sintetizzate nel referto medico di DeMarcus Cousins di fine gennaio, che lo vede lasciare anzitempo la stagione. Dolorosa la perdita ovviamente, ma è da qui che è ripartita l’altra torre dello scacchiere, tale Anthony Davis che ha fatto registrare medie come sempre dominanti (28 punti di media in Regular Season e 26 finora nei Playoff). Ma il vaso di Pandora che si è inesorabilmente aperto con l’uscita di scena di DMC ha dato la possibilità agli altri componenti del team di dare un contributo sorprendente, rendendo sempre più variegato il gioco e aprendo possibilità più ampie sia nei possessi offensivi che difensivi.

Primo fra tutti Rajon Rondo, che quando sente aria di Playoff si trasforma e diventa ciò che da anni lo ha caratterizzato maggiormente, ovvero un play purissimo e di una classe infinita. Gli anni di Boston e delle presenze fisse ai grandi appuntamenti NBA sembravano un ricordo lontano, e le squadre che lo hanno ospitato nel corso degli anni lo vedevano spegnersi sempre più, ma questa stagione in particolare lo ha rivisto assoluto protagonista dello show Pelicans. Dapprima con le Twin Towers Cousins – Davis, poi con il dualismo più che azzeccato con Jrue Holiday gli hanno finalmente dato la possibilità di entrare sempre più in ritmo e divenire ancor più protagonista.

Il secondo, che fin da subito ha mostrato i primi segni di maturità cestistica rinata è il già citato Jrue Holiday. Su di lui in pochi avrebbero scommesso qualche dollaro, eppure colui che sulla carta avrebbe dovuto soffrire di più, sia con l’inserimento di Rondo al suo fianco che della presenza ingombrante della personalità di Cousins, ha sorpreso tutti. Il two-way player, che tanto ha atteso sia coach Alvin Gentry che tutta la Big Easy ha finalmente raggiunto la sua maturità cestistica. Completamente scaricato da tutte le pressioni e le responsabilità che gli sono state attribuite nelle assenze di Anthony Davis, ha dimostrato di poter giocare ancora ad alti livelli. Soprattutto in questo primo turno, il clamoroso upset che ha compiuto New Orleans annullando il fattore campo di Portland porta anche e soprattutto la sua firma, sancita con una prestazione sontuosa in Gara 2 da 33 punti, impedendo a Damian Lillard (costretto ad un misero 2-17 dal campo) di giocare come sa, ma soprattutto in Gara 4, dove ha elevato ulteriormente il livello del suo gioco: 41 punti ed 8 assist. Coach Gentry sa di aver ritrovato un grande tassello del sistema Pelicans e lo elogia continuamente, concedendogli la fiducia che si è guadagnato nel corso della stagione.

Il terzo è Nikola Mirotic. Se per Holiday non avrebbero scommesso qualche dollaro, di sicuro sullo spagnolo neanche ci avremmo pensato. Da molto tempo uno degli europei sopra la media e da tre anni presenza in chiaroscuro dei Chicago Bulls, si è letteralmente evoluto in un giocatore diverso dal passato. Non sarà di certo la principale ragione del grande successo Pelicans, ma di sicuro è colui che ha stupito più di tutti e ha dato la possibilità al coach di aprire il team a tattiche diverse. Ciò che porta nel suo bagagliaio tecnico è in primis l’abilità al tiro che da sempre lo caratterizza, ma soprattutto la sua voglia di rimettersi in gioco dopo l’incidente con Bobby Portis che, oltre alla frattura di un osso facciale, ha portato ad uno scambio che, col senno di poi, ha dato ragione ai Pelicans ma soprattutto a Mirotic. Palese il miglioramento nelle medie (11.4 negli anni Bulls e 14.6 nella stagione attuale) ma soprattutto nell’apporto generale che è riuscito a dare alla squadra, sia quando parte in quintetto che quando esce dalla panchina, e soprattutto alla sua affinità al gioco del team, che ne ha giovato al massimo anche e soprattutto in Gara 3, dove ha segnato sul tabellone ben 30 punti, con 12-15 dal campo ed una assoluta dominanza nella metà campo avversaria grazie ai rapidi contropiedi Pelicans.

 

La Caduta di Portland

Il grave squilibrio logico e sportivo di questa franchigia ha da sempre caratterizzato la loro visione degli obiettivi. Il roster di questi anni sarà ricordato sempre come la rondine che plana, ma non riuscirà mai spiccare completamente il volo in una stagione particolare e senza dubbio oltre le loro aspettative. Nel selvaggio West è stata durissima entrare fra le prime 8 e chiaramente le loro prestazioni hanno stupito tutti, sia per il carattere di fratellanza all’interno della squadra che dal livello altissimo delle loro contendenti nella Conference. Lillard e McCollum hanno ormai raggiunto il loro prime e le loro prestazioni in Regular Season sono state semplicemente mostruose. Ma ciò che Gara 1 e Gara 2, giocate in casa, hanno mostrato è l’esatto opposto del loro carattere fraterno. Una squadra che non è mai entrata in clima Playoff ed un ambiente che forse non ha dato la giusta spinta ad una squadra tanto incerta quanto inesistente in questi Playoff. Né Lillard né tantomeno McCollum sono riusciti ad arginare la piena Pelicans, che a sorpresa hanno dominato i Blazers in entrambe le gare interne, annullando il fattore campo ed aumentandone il divario sia tecnico che mentale, chiudendo la serie senza sul 4-0 . Tante colpe per loro, che come rondini in primavera dimostrano di planare, ma non volare.

 

Detto questo non è dato a noi sapere dove iniziano i demeriti ed i meriti di una e dell’altra, ma la partita di stanotte ha chiaramente sancito la dominanza Pelicans sotto ogni punto di vista, che dimostrano di essere pronti all’assalto di Kevin Durant e compagni. Però una menzione particolare va anche e soprattutto ad Anthony Davis, che stanotte ha sbancato il botteghino mettendo a referto la bellezza di 47 punti ed 11 rimbalzi: lui, più di tutti, è pronto.