Dopo l’intervento al ginocchio che lo costringerà a stare lontano dal campo ancora per un bel po’, John Wall ha lasciato i Washington Wizards totalmente nelle mani del suo compagno di squadra Bradley Beal, letteralmente esploso in questa stagione. Le sue cifre da capogiro, però, in questo momento non bastano alla squadra della capitale a stelle e strisce per avere la certezza di poter infastidire le favorite alla vittoria del titolo di campione ad Est, ossia le finaliste della scorsa edizione Boston Celtics e Cleveland Cavaliers e i sorprendenti Toronto Raptors.

 

Nonostante Bradley Beal stia vivendo la miglior stagione della sua carriera (23,7 punti, 4,5 rimbalzi e 4,1 assist col 46% al tiro dal campo e col 37,3% da dietro l’arco), infatti, i Wizards palesano evidenti difficoltà e non sembrano ancora pronti per contrastare gli ambiziosi Celtics, gli altalenanti Cavs (sulla strada della ripresa dopo i due successi con Minnesota e Atlanta) e la rivelazione Toronto, che punta a sottrarre il primato in classifica a Boston. L’assenza di un playmaker e di un elemento cardine del gioco di Washington del calibro di John Wall, del resto, si fa sentire eccome.

 

Se è vero che Beal quest’anno abbia dimostrato di poter dare un ottimo contributo alla causa anche senza l’apporto determinante di Wall, e dunque senza dover essere considerato il secondo violino della squadra della capitale, è pur vero, infatti, che il numero 2 resta uno dei migliori nel suo ruolo nell’intera lega e la sua indisponibilità toglie tanto ai Wizards in termini di equilibrio difensivo, pericolosità offensiva, creazione di spazi nell’area avversaria e tanto altro.

 

Wall avrebbe dovuto prendere parte all’All-Star Game, venendo selezionato dal Team di LeBron James per affrontare quello messo su da Stephen Curry, tra l’altro insieme al suo compagno di squadra Bradley Beal, ma l’infortunio al ginocchio e il conseguente intervento chirurgico hanno impedito alla point guard di Raleigh di prendere parte all’evento che si terrà a Los Angeles, dopo aver già partecipato alle ultime quattro edizioni. Per ciò che concerne i Wizards, la società valuterà l’acquisto di un giocatore uscito dal contratto con la sua squadra.

 

In questo senso, un nome fortemente accostato a Washington nelle ultime ore è quello di Derrick Rose, che la scorsa estate aveva deciso di rimettersi in discussione nei Cleveland Cavaliers, in cui ha svolto fedelmente il suo ruolo di riserva di Isaiah Thomas, offrendo alcune prestazioni degne di nota prima e dopo il rientro dell’ex Boston Celtics, ma ha anche vissuto un periodo piuttosto buio, l’ennesimo della sua carriera, allontanandosi momentaneamente dalla squadra dopo un altro infortunio e meditando addirittura il ritiro.

 

Dopo il suo rientro alla corte di coach Tyronn Lue, Rose ha saputo mettersi in mostra, sfruttando molto bene lo spazio concessogli dall’allenatore dei Cavs, ma non abbastanza, a quanto pare, da guadagnarsi la fiducia della società. La franchigia dell’Ohio, infatti, ha deciso di usarlo come pedina di scambio, insieme a Jae Crowder, in una trade a tre squadre con Utah Jazz e Sacramento Kings, ricevendo in cambio da queste ultime rispettivamente Rodney Hood e George Hill.

 

Rose è approdato ai Jazz insieme all’ex ala dei Boston Celtics e in molti pensavano che a Salt Lake City avrebbe potuto dire la sua e si sarebbe ritagliato un ruolo determinante alle spalle del playmaker titolare, lo spagnolo Ricky Rubio. Utah, però, ha deciso in breve di tagliare l’ex MVP dal proprio roster, trattenendo invece il già citato Crowder. In appena 16 partite disputate in Ohio, Rose ha fatto registrare 9,8 punti, 1,8 rimbalzi e 1,6 assist a partita, tirando col 44% dal campo e con l’85,4% dalla lunetta.

 

Numeri non certamente esaltanti, soprattutto se paragonati a quelli centrati dal Rose MVP che incantava con la canotta dei Chicago Bulls e predicava basket in giro per le arene NBA di tutta America, ma sicuramente cifre che lasciano intendere come il potenziale del classe ’88 sia tutt’altro che svanito. Più semplicemente, Rose non è più il formidabile giocatore che fino a pochi anni fa spazzava via le difese avversarie nella Windy City con il numero 1 sulle spalle e faceva stropicciare gli occhi ai tifosi dei Bulls, ma resta comunque un giocatore in grado di dare un contributo significativo anche in un contesto come quello dei Cavs.

 

Quella che sembrava la chance giusta per rilanciarsi, però, si è rilevata un’esperienza in cui, a illusorie gioie e speranze di ritorno ai propri livelli si è accompagnata la rabbia e la frustrazione per l’ennesimo infortunio e per quel pensiero sempre più intenso di appendere gli scarpini al chiodo e ritirarsi dalla NBA, tant’è che ad un certo punto Rose sembrava ad un passo dall’uscire di scena nella maniera più triste e ingiusta possibile. Per fortuna, però, il 29enne di Chicago si è fatto forza ed ha deciso di continuare a lottare.

 

Salutati i Cleveland Cavaliers di LeBron James e la possibilità di dare il proprio contributo fino in fondo per portare la squadra dell’Ohio a vincere il secondo anello della sua storia e, ormai, anche gli Utah Jazz, che hanno immediatamente deciso di tagliarlo dal proprio roster, Rose può scegliere la sua prossima destinazione, essendo un free agent: nonostante le cose non gli siano andate benissimo negli ultimi anni, le offerte di certo non gli mancano.

 

Tra le squadre interessate a lui, in particolar modo, spiccano i Minnesota Timberwolves, guidati da coach Tom Thibodeau, suo allenatore in quel di Chicago dal 2010 al 2015. Sotto la sua guida, Rose ha conquistato l’MVP nel 2011, risultando il più giovane di sempre a vincere l’ambito trofeo. Oltre ai Lupi di Minneapolis, però, occhio anche agli stessi Washington Wizards, che hanno un disperato bisogno di un playmaker di qualità per continuare a dire la loro nei primi posti ad Est ed avere un backcourt di gran livello anche senza John Wall, in attesa che quest’ultimo recuperi appieno dall’infortunio.