Quando gli amanti della pallacanestro iniziano a parlare degli Utah Jazz il cuore e la mente iniziano a percorrere due strade esattamente parallele: per la grande schiera di ragazzi, ormai uomini, che son cresciuti con la cara e vecchia NBA anni ’90, Utah farà tornare alla mente la celebre frase utilizzata dai telecronisti della franchigia, “Stockton to Malone”, e delle grandi finali con gli ultimi grandi Bulls di Michael Jordan.

Per i più giovani, o perlomeno coloro che si sono avvicinati da poco alla pallacanestro d’oltreoceano gli Utah Jazz non rappresentano la più attraente franchigia nel panorama NBA. Soprattutto dopo aver perso Gordon Hayward nella Free Agency estiva per loro si sarebbe ipotizzato un anno di tribolazioni e sofferenze, anche a causa del grande afflusso di stelle da Est a Ovest che ne ha compromesso gli equilibri delle Conference. Nonostante la sapiente guida di coach Quin Snyder, che ha reso da qualche anno a questa parte i Jazz competitivi e capaci di contendere un posto ai Playoffs, quel che è certo è che nessuno mai avrebbe scommesso un centesimo che il vuoto lasciato da Hayward sia nel cuore che nel roster degli Utah Jazz venisse rapito da una tredicesima scelta dell’ultimo Draft NBA.

Che questo Draft entri nella storia per la quantità di talento a disposizione lo si era capito sin da subito, ma le doti atletiche e cestistiche che ha dimostrato Donovan Mitchell sono fuori da ogni logica. Tiro dalla media, tiro da 3 punti, ball-handling, entrata micidiale ed una ottima difesa sono i biglietti da visita che ha lasciato il n. 45 ex Louisville in questa prima parte di stagione. Una leadership fuori dal normale, che ha stupito sia Quin Snyder che tutta la scena NBA, condita da prestazioni da urlo che lo stanno portando nella bagarre con Kuzma e Simmons per il premio di Rookie dell’anno.

Il punto più alto lo ha raggiunto contro i New Orleans Pelicans, quando decide di mostrarsi alla Vivint Smart Arena per la stella nascente che è, con 41 punti (record di punti per un rookie Jazz), con un 52% al tiro che conferma la personalità e la confidenza nei propri mezzi ed un 3/6 dalla linea dei 3 punti. Schiacciando, entrando in sottomano o dal tiro non ha importanza, dà sicurezza ad ogni offensiva Jazz ed è capace di capitalizzare al meglio ogni contropiede guadagnato. Un top scorer nato.

L’altra statistica che si può notare dopo la partita è che il ragazzo è accompagnato da nomi altisonanti, per quel che ne concerne i giocatori in attività capaci di andare sopra i 40 nella loro prima stagione NBA: LeBron James, Carmelo Anthony, Stephen Curry, Kevin Durant, Eric Gordon e Blake Griffin, l’ultimo in ordine cronologico, nel 2011.

Accompagnato da una sempre più alta aspettativa per il futuro il ragazzo continua sagacemente nella sua crescita. I tempi di Stockton e Malone belli e malinconici sembrano ben lontani quando scende il campo il n. 45 di Utah, che ripone nel ragazzo una fiducia sconfinata e tradita nel profondo dal passaggio di Hayward ai Celtics.

Che sia l’ora della vera rinascita Jazz? Donovan Mitchell è pronto a farne parte.