Pochi giorni fa sono stati annunciati i quintetti delle due squadre, capitanate rispettivamente da LeBron James e Stephen Curry, che si affronteranno il prossimo 18 febbraio a Los Angeles all’All-Star Game. L’esclusione di tanti giocatori eccellenti dall’evento ha causato non poche polemiche, tra i tweet al veleno di Lou Williams e Andre Drummond alle parole di conforto di James Harden per l’amico e compagno di squadra Chris Paul e quelle di Russell Westbrook per Paul George, poi chiamato dal commissioner Adam Silver a sostituire l’infortunato DeMarcus Cousins. Tra le tante stelle che non parteciperanno all’evento in quel di L.A., ci si dimentica spesso un nome, quello di Devin Booker.

21 anni compiuti lo scorso 30 ottobre, il leader e imprescindibile punto di riferimento dei Phoenix Suns è già un fenomeno per personalità, carisma e talento, nonostante abbia ancora una montagna da scalare prima di arrivare in cima. Selezionato con la tredicesima scelta assoluta al Draft 2015 dalla franchigia dell’Arizona, Booker ha in poco tempo dimostrato di essere destinato a diventare un campione, prendendo in mano le redini di una squadra in gran difficoltà dopo i fasti dell’era Mike D’Antoni, con Steve Nash a regalare spettacolo sul parquet e a far sognare i tifosi dei Suns.

Phoenix non si qualifica ai playoff dal 2010, quando, trascinata dal due volte MVP Nash, giunse fino alle finali di Conference, arrendendosi al cospetto dei futuri campioni dei Los Angeles Lakers. Nel 2012 Nash si è trasferito proprio ai gialloviola e per i Suns è iniziato un graduale quanto inevitabile processo di ricostruzione, con la squadra costretta a guardare i playoff in TV per sette anni consecutivi (nel 2013-2014 rimasero fuori nonostante un record positivo di 48-34, appena una sconfitta in più dei Dallas Mavericks ottavi). Nel frattempo, tra veterani e giovani promesse, i Suns hanno iniziato a prendere forma.

Nel 2015, oltre a Booker, è arrivato in Arizona Tyson Chandler, ex centro dei Chicago Bulls e campione NBA nel 2011 con i Dallas Mavericks, mentre l’anno precedente è stato scelto con la quattordicesima chiamata al Draft T.J. Warren, seguito da tanti altri giovani talenti, tra cui Tyler Ulis, Marquese ChrissDragan Bender e Josh Jackson. All’inizio della stagione attualmente in corso, inoltre, Phoenix ha dovuto fare i conti con la voglia di cambiare aria del talentuoso playmaker Eric Bledsoe, cedendolo ai Milwaukee Bucks in cambio di Greg Monroe e di una seconda scelta. La cessione del classe ’89 ex Los Angeles Clippers ha dato ancor più responsabilità al giovane Devin Booker, che dal canto suo non si è tirato indietro, dimostrando ancora una volta di avere le stigmate del fuoriclasse.

Nelle prime 40 partite della regular season attualmente in corso, i Phoenix Suns non hanno affatto entusiasmato ed attualmente sono terzultimi ad ovest con appena 17 vittorie e ben 33 sconfitte. Non è bastato loro un Booker da applausi per potersela giocare per posizioni più elevati, la franchigia dell’Arizona non è ancora pronta. Tanti, troppi i nodi da sciogliere prima di poter trovare stabilità e continuità di risultati. I tanti giovani presenti nel roster devono ancora maturare l’esperienza necessaria, eccezion fatta per il numero 1 originario del Michigan, che sta viaggiando alla media di 24,7 punti, 4,5 rimbalzi e 4,8 assist, tirando col 43,6% dal campo, col 38,5% da tre, col 46,4% da due e con l’89,3% dalla lunetta, con una palla recuperata e 0,3 stoppate per gara.

In tutti i casi sopracitati, si tratta dei massimi in carriera per il classe ’96, a dimostrazione di quanto sia cresciuto in maniera esponenziale rispetto a quando, quasi tre anni fa, si affacciava timidamente al mondo della NBA dopo un solo anno al college con i Kentucky Wildcats. Nella gara persa ieri sera contro gli Houston Rockets, Booker ha offerto l’ennesima grande prestazione della sua stagione, mettendo a referto una doppia doppia da 31 punti e 10 assist e realizzando ben cinque triple. Dopo aver offerto la decima miglior prestazione di sempre nella storia della NBA nella sconfitta dello scorso 24 marzo contro i Boston Celtics al TD Garden (130-120), segnando la bellezza di 70 punti a vent’anni (più giovane di sempre a segnare 60 o più punti), peraltro con 8 rimbalzi e 6 assist, tirando con 21/40 dal campo, Booker ha ancora tante prodezze da regalare ai tifosi di Phoenix e a tutti gli appassionati del basket a stelle e strisce in generale.

Alla luce delle sue scintillanti prestazioni, risulta difficile credere che non sia stato preso nemmeno in considerazione per partecipare, almeno come riserva, all’All-Star Game in programma allo Staples Center di Los Angeles il prossimo 18 febbraio, ma tant’è che la guardia dei Phoenix Suns, che ha preso parte al Rising Stars Challenge nel 2016 (23 punti con 9/13 al tiro in uscita dalla panchina) e lo scorso anno (17 punti e 6 assist con 7/15 dal campo, partendo in quintetto), non sarà tra i protagonisti dell’evento che da quest’anno ha cambiato formula. Non un dramma per lui, che ha ancora una lunga e presumibilmente gloriosa carriera davanti a sé, ma di certo un’esclusione eccellente, che resta clamorosa pur non avendo fatto clamore come quelle di tanti altri giocatori non selezionati.