“La verità ti fa male, lo so”. La celebre frase pronunciata da Caterina Caselli in una delle canzoni più famose della discografia italiana è perfetta per iniziare questo “racconto”. Protagonista è un uomo che ha fatto la storia di questo sport, un ragazzo che è riuscito a superare momenti difficili e queste stesse difficolta l’hanno fortificato, cambiandolo in meglio; un giocatore che con la maglia dei Boston Celtics ha segnato pagine indelebili del basket moderno, diventando un simbolo per gli abitanti di Boston. Questa è la storia di Paul Pierce, meglio conosciuto come “The Truth”.

INFANZIA E ADOLESCENZA

Paul nasce in California, precisamente ad Oakland, in un torrido mese di luglio del 1977. Cresciuto senza il padre, si trasferisce con la madre Lorraine e i due fratelli ad Inglewood, sobborgo di Los Angeles; casualità, il posto in cui sorge “The Forum”, arena famosa per essere la patria dei Los Angeles Lakers, gli acerrimi nemici dei Boston Celtics. Pierce, influenzato dalla cultura sportiva di quel luogo, inizia a giocare a basket molto presto, entrando a quattordici anni alla Inglewood High School, diventando dopo un paio di anni la stella della squadra. Il ragazzo cresce, giorno dopo giorno, sia fisicamente sia tecnicamente. Conclusa l’esperienza collegiale decide di fare un importante passo: nel 1996 sceglie di andare, grazie ad una borsa di studio in criminologia, alla University of Kansas. Al primo anno non riesce a raggiungere per un pelo le Final Four NCAA, ma corona la stagione con il premio per miglior matricola. Nei due anni successivi non riuscirà a vincere, ma sono un periodo in cui Pierce riesce a dimostrare il suo talento. Il ragazzo di Oakland ha subito dei cambiamenti, crescendo ulteriormente e migliorando le sue doti fisiche. Conclusa l’università, sceglie di fare il grande passo e si dichiara eleggibile al Draft.

 

 

L’APPRODO E I PRIMI ANNI IN NBA

Quello del 1998 è un Draft strano, ma anche pieno di talento: per citarne alcuni Vincent Carter, Dirk Nowitzki, Mike Bibby. Paul viene scelto alla decima chiamata dai Boston Celtics. Pierce approda in una squadra che ricordava poco quella franchigia che nel corso degli anni 80 era riuscita a rafforzare, insieme a Lakers e Bulls, la sua supremazia nella lega. Conclude la prima stagione tra i grandi con una media di 16.4 punti. Dimostra sin da subito di possedere una maturità fuori dal comune per un ragazzo della sua età, oltre ad avere un talento immane, ma soprattutto è la mentalità di gioco che caratterizza Paul, lo spirito del vincente. Ancora però non aveva visto nemmeno l’ombra di un playoff.

 

25 SETTEMBRE 2000, BUZZ CLUB, BOSTON

 

Ci sono eventi nell’esistenza di ognuno di noi che non possiamo prevedere. La vita è questa: momenti in cui tutto sembra andare bene e altri in cui ti trovi appeso a un filo sopra un baratro. Ciò che distingue ognuno di noi però è la capacità o meno di reagire alle situazion. E Paul è uno che ha saputo reagire ai drammi della vita. Una sera Pierce, insieme al fratello Derrick e il compagno di squadra Tony Battie, si trova in un locale di Boston per un festino. Nel corso della serata Paul inizia a intrattenere una piacevole discussione con un paio di ragazze, mentre un uomo, da lontano, li osserva: quell’uomo è William Rangland, noto malvivente di Boston, cugino di una delle due ragazze. Ad un certo punto l’uomo si avvicina minaccioso a Paul, gli si getta addosso e inizia a sferrargli una serie di coltellate al volto, collo e schiena. Una di quelle dodici coltellate sfiora per pochi centimetri il cuore di Pierce. Il compagno di squadra, tornato dal bagno, trovato l’amico disteso a terra, decide immediatamente di portarlo all’ospedale più vicino. Pierce verrà dimesso dall’ospedale tre giorni dopo e riesce a giocare la prima di campionato e tutte le altre 81 partite della regular season, concludendo la stagione con 25.3 punti di media, 6.4 rimbalzi e 3.1 assist per partita. In quello stesso anno Paul gioca una delle sue migliori partite di sempre e non contro una squadra qualsiasi, ma contro i Los Angeles Lakers del duo Shaquille-Kobe. Era il 13 marzo 2001 quando il giocatore di Boston conclude la partita con un pitturato di ben 42 punti. A fine gara Shaquille O ‘Neal ad un giornalista dirà: “My name is Shaquille O’Neal and Paul Pierce is the Truth”. Una Verità che fa molto male agli avversari.

 

PASSANO GLI ANNI E LE COSE CAMBIANO

 

L’anno successivo viene convocato all’ASG, e i Boston Celtics riesce a giungere ai playoff dopo una assenza durata sette anni, ma vengono eliminati in finale di conference dai New Jersey Nets di Kidd. A Boston c’è qualcosa che non va ed è per questo che dal 2003 inizia una rivoluzione all’interno della franchigia. Il primo nuovo tassello apportato prende il nome di Doc Rivers, nel 2006 arriva Rajon Rondo, scelto al Draft con la ventunesima chiamata, e l’anno successivo si aggiungono al roster Kevin Garnett e Ray Allen. Era l’inizio del dominio dei Big Three. Le cose iniziavano a girare per il verso giusto, tanto che la stagione 2007/2008 si conclude per Boston con 66 vittore e 16 sconfitte. I playoff sono tutt’altro che semplici, comunque riuscendo ad arrivare in finale contro i Lakers. I Celtics superano gara 1, limitando sorattutto Kobe, una vittoria arrivata grazie all’aiuto di Garnett e Pierce. In gara due The Truth trascina la sua squadra con una monumentale prestazione da 28 punti, 8 rimbalzi e 4 assist. Dopo una Gara 3 fallimentare, i bianco-verdi vincono Gara 4, i Lakers vincono gara 5 ma è in Gara 6 che i Celtics giocano un basket di un livello superiore, una partita in cui Paul (MVP delle Finals) riesce a mettere tutto sé stesso, sfogando tutta la sua rabbia, la sua sofferenza dopo un percorso travagliato: i Boston Celtics finalmente riportano a casa il titolo dopo tanto, forse troppo tempo. Da quella sera i Celtics non riusciranno più a riconfermarsi campioni NBA. Finale di conference 2012, Gara 6: i bianco-verdi sono sotto di 11 contro i Miami Heat, la serie è ormai segnata. A 28 secondi dallo scadere Doc Rivers decide di richiamare tra gli applausi delle migliaia di spettatori i Big Three. L’ultima volta che li avremo visti insieme, la fine di un’era, un’era che è stata capace di regalarci tante gioie, ma anche tante sofferenze, ma soprattutto lasciandoci il rancore di averli vincere così poco, forse ingiustamente per una franchigia composta da questi giocatori. Prima la partenza di Ray Allen, successivamente, nel 2013, quella di Garnett e Pierce verso Brooklyn. Con i Nets Paul riuscirà ad arrivare al secondo turno dei playoff, dove vengono sconfitti dai Miami Heat. Concluso il contratto, The Truth decide di trasferirsi ai Washington Wizards. Nella nuova franchigia Paul riesce ad esprimere sprizzi di una giovinezza ormai passata: da ricordare il buzzer beater in Gara 2 contro i Raptors, e nella serie successiva contro gli Hawks in Gara 3 scocca un altro tiro allo scadere. LA VERITÁ fa male, anche a 38 anni. Concluso il suo viaggio a Washington, decide di passare gli ultimi anni nella sua Los Angeles, decidendo di giocare per i Clippers orchestrati da Doc Rivers. È il 5 febbraio 2017 quando Pierce gioca la sua ultima partita, al TD Garden, casa sua. Il 17 luglio 2017 firma con i Celtics un contratto da un giorno, in modo da potersi ritirare con la maglia della franchigia che lui, insieme ad altri tre ragazzacci, ha portato in cima al mondo del basket.

 

 

IN CONCLUSIONE

“Chi ha subito il danno è più forte di prima. Non credo che avrebbe avuto la stessa carriera se non avesse preso quelle coltellate quella sera” così Federico Buffa in una breve intervista descrive Paul Pierce. Un uomo che è morto e rinato nella stessa notte, un uomo cambiato dal destino cinico e baro. Paul, con quella canotta bianca e verde, con quel numero 34, con le sue giocate, con la sua voglia di vincere, ci ha fatto passare notti insonni, ci ha fatto provare sentimenti di gioia e tristezza. Ma soprattutto ha avverato il sogno di molti di noi, ossia quello di rivedere i Celtics vincere. LA VERITÁ FA MALE, faceva male, faceva male con i suoi arresti e tiro maledettamente perfetti, con le sue cecchinate da tre, con la sua voglia di vincere. THE TRUTH è parte di storia del basket moderno, parte di storia dei Celtics, parte di storia della nostra adolescenza.

Questo, semplicemente, è Paul Pierce