Che tirasse una brutta aria in quel di Cleveland si era capito da molto tempo. Una franchigia che punta a vincere il titolo come quella dell’Ohio non può permettersi di passare un mese come quello di Gennaio, da definire più che ridicolo e chiaramente non all’altezza delle aspettative delle squadre di LeBron James. Soprattutto il Re ha dimostrato di trovarsi a disagio nella situazione venutasi a creare, manifestando tutto il suo sconforto soprattutto nella sconfitta imbarazzante in diretta nazionale contro gli Houston Rockets di James Harden, che vince un duello chiave anche in tema MVP.

Ma quali sono le cause di questo improvviso declino?

 

1. Età avanzata del roster

Nonostante la consapevolezza di dover sfruttare al massimo questa stagione per giocarsi il titolo contro Golden State si è creato un roster più di grandi nomi, che di buoni giocatori. Una squadra senza consistenza, incapace di reagire alle difficoltà da gruppo e di rispondere alle critiche sul campo. Sconfitte pesanti e decisive per spezzettare la squadra, che hanno portato ai cambiamenti dell’8 Gennaio. Una squadra vecchia, senza capo né coda e soprattutto senza giovani di livello capaci di esprimersi a fondo nelle complicanze di gruppo. I veterani hanno rappresentato il fallimento della stagione.

2. Chi comanda?

Domanda degna del terzo segreto di Fatima, anche se sanno tutti chi è il capo. Lo sanno a Cleveland, lo sanno i tifosi e lo sa tutto l’ambiente NBA. LeBron agisce da “Lìder Maximo” e molti credono che il ruolo di Tyronne Lue sia completamente oscurato dal Re: ma quanto peso ha quest’ultimo nelle scelte di campo? Tante, tantissime, forse troppe ma chi più di lui vive la partita? Nessuno.
La sua evoluzione da Small Forward a Point-God ne è l’esempio lampante. Segna, lotta a rimbalzo ma soprattutto fa girare la palla a meraviglia, e finchè i suoi cecchini sono caldi l’offensiva da urlo riesce a coprire bene le lacune difensive. E Isaiah Thomas? Vittima. Un leader sotto un altro leader non può coesistere e proprio come Irving ha abbandonato la baracca, anche se contro il suo volere. La legge parla chiaro però. A Cleveland c’è solo uno sceriffo.

 

3. Il futuro è ancora LeBron James?    

Il legame fra il Re e il regno Cavaliers dal punto di vista sentimentale non è assolutamente da mettere in discussione. Ma stiamo parlando di professionisti, tra l’altro americani, da sempre amanti della competizione e chi più di LeBron è interessato all’anello? Vuole vincere, e vorrebbe continuarlo a fare in Ohio, ma in una franchigia da sempre in contrapposizione con le sue idee è difficile andare avanti.
Nonostante tutto però ha dimostrato di essere d’accordo con il GM Altman, che ha giocato una carta rischiosissima, ricostruendo quasi da zero il roster: fuori Derrick Rose, Dwayne Wade, Isaiah Thomas, Channing Frye, Jae Crowder ed Iman Shumpert, dentro Jordan Clarkson, Larry Nance Jr., George Hill e Rodney Hood.
Mosse azzardatissime, che tolgono molta esperienza a livelli playoffs, ma svecchiano la squadra e sembrano gradire al Re. Anche se possono risultare un arma a doppio taglio. Difatti, con la trade che ha portato Isaiah Thomas ai Lakers, questi ultimi hanno liberato molto, moltissimo spazio salariale, in modo tale da poter firmare due top-player (vedi Paul George e, soprattutto, Lebron James): ma cosa ha spinto Cleveland a questo “suicidio”?
L’ipotesi più fondata si può basare su un “accordo” fra i Cavs e James: un ultimo anno, giocato al massimo delle sue possibilità, in cambio della libertà.

Questo è Lebron, ma soprattutto questi sono i nuovi Cleveland Cavaliers. L’esordio è subito incoraggiante, con una squadra che ha risposto alla rivoluzione con una grandissima prestazione contro i Boston Celtics al TD Garden, bandito a festa per la cerimonia di ritiro della maglia di Paul Pierce: La scena, in campo, la prendono James e compagni, con una prestazione eccellente in fase offensiva ed assolutamente incoraggiante in fase difensiva: Dalla panca sia Hill che Clarkson entrano bene in armonia e contribuiscono ottimamente ad entrambe le fasi. Ottima prestazione anche per Cedi Osman, in crescita in queste ultime uscite e capace di attirare le simpatie del Re. Benissimo anche J.R. Smith, l’opposto dello spettro di inizio stagione e buono l’impatto di Larry Nance Jr.

Si, è una sola partita. Ma i Cavaliers sembrano essere tornati, belli e spavaldi.