Impossibile spendere poche parole per descrivere quello che Michael Jordan è stato in grado di fare nel corso della sua gloriosa carriera, perché non si tratta soltanto del suo enorme strapotere sul parquet, dei titoli vinti e dei traguardi raggiunti, ma prima di tutto di una storia intensa e appassionante, con unico filo conduttore che unisce l’uomo all’atleta in un raccordo interminabile di eventi particolarmente emozionanti e significativi.

 

55 anni fa nasceva a New York, nel quartiere di Brooklyn, Michael Jeffrey Jordan, divenuto nel corso degli anni un’autentica icona di sport e non solo, tant’è che non ha affatto bisogno di presentazioni. Non è necessario essere un appassionato di pallacanestro per conoscere le gesta di quello che è stato molto più di una leggenda sportiva, ma un personaggio iconico per vari aspetti, uno dei testimoni del fatto che con impegno, determinazione e fiducia nei propri mezzi si possano abbattere le più apparentemente indistruttibili barriere sociali, portando a casa traguardi che si rivelano tutt’altro che inafferrabili.

 

Selezionato con la terza scelta assoluta al Draft 1984 dai Chicago Bulls, il giovane Michael ha sin da subito impressionato tutti, rivelandosi un giocatore a dir poco completo e fenomenale e diventando ben presto The GOAT (The Greater of All Time, il più grande di sempre, appunto). Prima del suo arrivo, i Bulls non avevano mai vinto un titolo in diciotto anni di storia. Con l’alieno con la numero 23 sulle spalle, ne hanno vinti sei nel giro di otto anni, di cui tre consecutivamente per ben due volte (1991, 1992, 1993, 1996, 1997, 1998).

 

Oltre a ciò, Jordan è riuscito nell’impresa di aggiudicarsi ben 5 MVP della regular season, risultando secondo, a pari merito con Bill Russell e Wilt Chamberlain, alle spalle del solo Kareem Abdul-Jabbar (6), 6 MVP delle Finali, un Rookie of the Year, un Defensive Player of the Year, 2 Slam Dunk Contest, 3 MVP dell’All-Star Game, 2 ori olimpici con il Dream Team USA, chiudendo la carriera con medie di 30,1 punti, 6,2 rimbalzi, 5,3 assist e il 49,7% al tiro in 1072 partite giocate, per un totale di 32292 punti, 6672 rimbalzi, 5633 assist tra Chicago Bulls e Washington Wizards, con cui ha disputato l’ultima annata della sua carriera (2002-2003).

 

Il suo numero 23 ha ispirato chiunque si sia avvicinato alla pallacanestro guardando filmati delle sue giocate d’alta scuola, delle storiche prestazioni nelle partite più memorabili della sua carriera e tanto altro. Ritiratosi per la prima volta a trent’anni, nel 1993, anno dell’assassinio del padre, MJ torna in NBA nel 1995, dopo un breve periodo in cui provò ad intraprendere la carriera nel baseball, per poi annunciare un altro tiro nel 1998, a 35 anni. Nel 2001 torna sui suoi passi e disputa gli ultimi due anni della sua carriera tra le fila dei Washington Wizards, squadra di cui è anche proprietario. Nel 2009 è stato inserito nella Naismith Memorial Hall of Fame e figura anche tra i 50 migliori cestisti del cinquantenario NBA.

 

Risulta davvero complicato riassumere le imprese di un campione del genere in così poche righe. Numerosi libri, documentari e film sono stati scritti e girati sulla vita di Michael Jordan, ma probabilmente ci sarebbe tanto altro da dire, da scrivere e da raccontare e forse nemmeno in quel caso si esaurirebbero le parole per un uomo-atleta che resterà per sempre nell’immaginario collettivo e rimarrà a lungo un punto di riferimento non soltanto per chi ama il basket e sogna di diventare un professionista, ma per chiunque abbia un traguardo da raggiungere e sia alla ricerca di motivazioni e fonti d’ispirazione.

 

Oggi Michael Jordan spegne 55 candeline. Anche per una leggenda immortale del suo calibro gli anni passano, ma le gesta compiute in carriera e lo straordinario repertorio umano prima che cestistico offerto da MJ fanno sì che risultino ancora attuali immagini e video delle sue autentiche prodezze, dei canestri decisivi, delle vittorie sofferte e anche delle sue sconfitte più dolorose, degli insuccessi e dei momenti in cui sembrava non potesse farcela. Perché un vero campione, nella vita così come nello sport, ha sempre degli ostacoli davanti a sé e solo se riesce a superarli potrà dire di aver raggiunto lo status di leggenda eterna.

 

Una delle sue frasi più famose è “Avrò segnato undici volte canestri vincenti sulla sirena, e altre diciassette volte a meno di dieci secondi dalla fine, ma nella mia carriera ho sbagliato più di 9000 tiri. Ho perso quasi 300 partite. 26 volte i miei compagni mi hanno affidato il tiro decisivo e l’ho sbagliato. Nella vita ho fallito molte volte. Ed è per questo che alla fine ho vinto tutto”, ma non è da meno quella in cui definisce i limiti e le paure “solo un’illusione”. Grazie anche e soprattutto a lui, la NBA ha varcato i confini degli Stati Uniti ed ha fatto innamorare milioni e milioni di persone in ogni angolo del globo. Tanti auguri Michael Jordan e, soprattutto, grazie per far sognare ancora chi ama il basket e chi lotta per raggiungere i propri obiettivi ed ideali.