Non sarà un fenomeno né un fuoriclasse, ma è innegabile che quello che stia facendo quest’anno sia da applausi. Ed è forse proprio per questo che la vittoria di Spencer Dinwiddie al Taco Bell Skills Challenge è ancor più speciale. Perché è un successo che rappresenta un riscatto personale, non soltanto un semplice trofeo da mettere in bacheca.

 

Il playmaker dei Brooklyn Nets ha vissuto un inizio di carriera tutt’altro che semplice, venendo selezionato alla trentottesima scelta dai Detroit Pistons al Draft 2014, ma non è riuscito a trovare continuità né nella Motor City né, qualche anno dopo, ai Chicago Bulls, che non lo hanno mai schierato in campo e lo hanno tagliato ben due volte dal proprio roster.

 

Ripartito dai Windy City Bulls, club della D-League affiliato alla squadra di Chicago, nel dicembre 2016 ha firmato da free agent con i Brooklyn Nets, provando a rimettersi in discussione in NBA. La scelta si è rivelata sin da subito adatta per lui, tant’è che la franchigia di New York ha deciso di trattenerlo e di dargli sempre più fiducia.

 

Pian piano Dinwiddie ha trovato modo di esprimere le proprie potenzialità, fino ad ottenere un minutaggio sempre più corposo, soprattutto in virtù degli infortuni di D’Angelo Russell e Jeremy Lin. Il classe ’93 è riuscito in buona parte a non far rimpiangere l’assenza dei suoi compagni di squadra, vivendo la miglior annata della sua carriera con medie di 13,6 punti, 3,3 rimbalzi e 6,7 assist in 58 partite giocate fin qui.

 

25 anni da compiere il prossimo 6 aprile, Dinwiddie ha conquistato sin da subito i tifosi dei Brooklyn Nets per il suo spirito di sacrificio e la sua enorme determinazione, che gli hanno permesso di ritagliarsi uno spazio importante alla corte di coach Kenny Atkinson e di trovare finalmente continuità di impiego e di rendimento dopo le prime annate altalenanti che sembravano averlo fatto sprofondare nel dimenticatoio.

 

Il playmaker dei Nets è risalito dal baratro con tenacia e forza di volontà, mostrando a tutti che, pur non essendo un campione né uno di quei talenti rari che nascono una volta ogni 20-30 anni, non è impossibile coronare il proprio sogno se non si molla alle prime difficoltà. Gettare la spugna non ha mai rappresentato un’ipotesi per Dinwiddie, che è arrivato a partecipare allo Skills Challenge dell’All-Star Game dopo tanti anni di delusioni e sacrifici.

 

Tra le tante stelle che si sono sfidati nella gara di abilità, dunque, c’era anche lui, ma quest’ultimo non si è limitato a partecipare: dopo aver superato la concorrenza di Buddy Hield prima e Jamal Murray, per poi battere in finale il rookie dei Chicago Bulls Lauri Markkanen ed aggiudicarsi il titolo di campione dell’evento alla sua prima partecipazione in carriera.

 

Una bellissima quanto meritata soddisfazione per i Brooklyn Nets e per lo stesso Dinwiddie, che risulta il secondo giocatore della franchigia newyorkese a vincere lo Skills Challenge, dopo Jason Kidd, che si aggiudicò l’edizione inaugurale dell’evento nel 2003, anno in cui i Nets erano ubicati nel New Jersey. Il traguardo raggiunto dal playmaker originario di Woodland Hills, sobborgo di Los Angeles, città in cui si tiene quest’anno l’All-Star Weekend, è tutt’altro che casuale.

 

Si tratta piuttosto del frutto di un lavoro lungo ed intenso che lo ha portato dai bassifondi della D-League all’occasione di mettersi in mostra in un contesto relativamente tranquillo come quello dei Nets, ideale per un giocatore a caccia di riscatto. Un’occasione d’oro che Dinwiddie non ha esitato a sfruttare sin da subito: la sua vittoria allo Skills Challenge, dunque, è decisamente significativa per tutta una serie di ragioni.