LeBron James è innegabilmente da anni l’ago della bilancia dell’intera lega, in particolar modo ad Est. Averlo nel roster equivale alla garanzia di ottenere un posto nelle Finals al termine della regular season. Lo sanno bene Miami Heat e Cleveland Cavaliers, con i primi che sono sempre arrivati fino in fondo ai playoff nel quadriennio in cui hanno avuto LBJ al fianco di Dwyane Wade e Chris Bosh, vincendo in due occasioni, rispettivamente nel 2012 e nel 2013, e i secondi che negli ultimi tre anni, ossia da quando The King è tornato in Ohio, sono approdati altrettante volte all’atto finale, portandosi a casa il primo titolo della loro storia nel 2016.

 

A 33 anni, compiuti lo scorso 30 dicembre, LeBron James continua a migliorare e ad esprimersi al massimo del suo potenziale, ma non è soltanto per questa ragione che continua a rappresentare un elemento insostituibile per i suoi Cavs e un giocatore a dir poco rappresentativo in NBA, quanto piuttosto per la sua capacità di tenere unito il gruppo e prenderne le redini per portarlo al coronamento dei propri obiettivi. In quanto a leadership, infatti, il nativo di Akron ha pochi eguali e anche i giocatori che hanno o hanno avuto la fortuna di giocare con lui glielo riconoscono.

 

È il caso, ad esempio, di Jordan Clarkson, arrivato poco meno di un mese fa nell’ambito della trade con i Los Angeles Lakers, insieme a Larry Nance jr. e in cambio di Isaiah Thomas, Channing Frye e una scelta al secondo giro del prossimo Draft. Il classe ’92 è stato per due stagioni compagno di squadra di un altro grande campione dalla mentalità vincente, Kobe Bryant, icona dei Los Angeles Lakers che negli ultimi anni trascorsi in quel di L.A. ha svolto un lavoro di grande importanza per i suoi giovani compagni, dando loro preziosi consigli per il loro futuro, sia dal punto di vista tecnico che morale.

 

Nell’ambito di un’intervista rilasciata al podcast CavsHQ, Clarkson ha speso parole di elogio per due pietre miliari di questo sport, mettendo in evidenza però anche le differenze tra i due leader in termini di mentalità: “Durante il mio anno da rookie, Kobe era sempre pronto a darmi una mano. Entravo molto presto in palestra insieme a lui, facevamo scatti e cose del genere. Sul campo, invece, aveva il suo modo di incoraggiare noi giovani, ma lo faceva in maniera diversa, seppur simile, da LeBron. Entrambi sono due grandi leader, ma con due differenti stili di leadership: LeBron è molto incoraggiante, porta tutti a remare nella stessa direzione. Kobe, invece, ti mette alla prova, vede quello che puoi dargli. Ti sgrida, ti urla contro, ti provoca. Sono due modi diversi di guidare i più giovani, sono felice di averli vissuti entrambi.”