La prestazione offerta nella bellissima partita vinta nella notte ai danni dei Boston Celtics rappresenta una sintesi ideale del sistema D’Antoni agli Houston Rockets, una filosofia cestistica che in poco meno di due anni ha cambiato radicalmente gioco e ideali della squadra texana. Se l’anno scorso il basket predicato dagli allievi dell’ex Baffo era spettacolare e divertente, ma presentava numerosi limiti strutturali, soprattutto per ciò che concerne l’organizzazione della fase difensiva, quest’anno l’ex playmaker dell’Olimpia Milano sembra aver trovato la soluzione giusta, il punto di svolta ideale per permettere a Houston di invertire nettamente la tendenza e tornare, dopo tanti anni di magre consolazioni, ottimi risultati e nulla più, a dire la sua in ottica titolo.

 

È possibile pensare in grande sin da subito? Il campo e le statistiche, a quanto pare, dicono di sì. Rispetto alla scorsa stagione, la prima con D’Antoni in panchina, infatti, i Rockets sono migliorati tantissimo dal punto di vista difensivo, risultando una squadra molto più solida ed efficiente in fase di copertura. Ciò è dovuto soprattutto agli innesti di due difensori del calibro di P.J. Tucker e Luc Mbah a Moute, che hanno rinforzato notevolmente la second unit e, per la loro capacità di rendersi utili e di lottare con grinta e personalità su entrambi i lati del campo, hanno permesso a Houston di rinforzarsi in maniera esponenziale e diventare una squadra molto più efficiente anche nella propria metà campo.

 

Tucker, tra l’altro, in seguito a una serie di prestazioni piuttosto positive in uscita dalla panchina, è stato da poco spostato in quintetto da D’Antoni, in luogo di Ryan Anderson, rimuovendo dalla starting lineup un ottimo tiratore ma poco incline alla fase difensiva per far spazio ad un mastino che sa farsi valere alla grande in difesa e al contempo offre un buon contributo offensivo. L’intenzione di coach MDA è chiaramente quella di conferire ancor più solidità al suo quintetto, anche perché quest’anno anche James Harden, spesso e volentieri criticato per la scarsa attitudine difensiva mostrata nelle stagioni precedenti, sta difendendo in maniera molto più frequente e decisiva ai fini delle numerose vittorie raccolte dai Rockets, reduci da una striscia di ben 15 risultati utili consecutivi (eguagliato il proprio record stagionale di 14).

 

Per ciò che concerne il numero 13, l’innesto di Chris Paul gli ha permesso di elevare il proprio gioco, riuscendo a totalizzare cifre ancor più importanti dell’anno scorso e, contemporaneamente, a dare una mano concreta in difesa. Il Barba sta vivendo la miglior annata della sua carriera, con 31,2 punti, 5,2 rimbalzi e 8,9 assist per partita ed è il principale candidato per la vittoria di quell’MVP che gli è già sfuggito più volte negli ultimi anni, in particolar modo lo scorso anno, quando insediò fino all’ultimo Russell Westbrook, per poi doversi arrendere al cospetto dell’amico ed ex compagno di squadra in forza agli Oklahoma City Thunder, capace di chiudere una straordinaria stagione a livello individuale in tripla doppia di media.

 

Quella scorsa è stata un’annata particolarmente soddisfacente per i Rockets, che hanno stupito tutti ad Ovest, piazzandosi terzi con un record di 55 vittorie e 27 sconfitte, per poi superare agevolmente il primo turno dei playoff contro gli Oklahoma City Thunder (4-1) ed arrendersi soltanto al termine di una combattutissima serie contro i San Antonio Spurs nelle semifinali di Conference (4-2). Harden si è piazzato secondo nella corsa MVP, mentre Eric Gordon è stato premiato come Sixth Man of the Year e Mike D’Antoni ha ricevuto il riconoscimento di Coach of the Year.

 

Quest’anno, Houston è riuscita a fare anche di meglio, non limitandosi a confermare i progressi messi in mostra nella scorsa stagione, ma mettendo in evidenza un netto passo in avanti per ciò che concerne la mentalità del gruppo, l’attenzione in difesa e la capacità di aggiudicarsi anche le gare più difficili e ostiche. Rientra pienamente in questa categoria la vittoria interna contro i Boston Celtics, che ha permesso ai Rockets di allungare la propria serie di successi consecutivi (15 vittorie di fila) e di superare una delle squadre meglio strutturate della lega, attualmente seconda ad Est alle spalle dei Toronto Raptors.

 

I texani sono partiti con l’atteggiamento ideale, per poi farsi gradualmente raggiungere e quindi sorpassare nel punteggio dagli avversari, ma non hanno mai mollato, tenendo duro fino alla fine ed aggrappandosi ad un gruppo unito e coeso che sa lottare con personalità e determinazione. Houston, insomma, non è più soltanto una squadra capace di stupire e regalare spettacolo, ma anche di far suoi i duelli più combattuti, riuscendo a far fronte alle difficoltà grazie ad un sistema ricco di giocatori dotati di innumerevoli qualità, tra difensori solidi, tiratori infallibili e passatori dall’enorme quoziente intellettivo cestistico.

 

A poco più di un minuto e mezzo dalla sirena del quarto periodo, con i Boston Celtics avanti di tre lunghezze (115-112), ci ha pensato Trevor Ariza a rimettere in equilibrio la situazione con una gran tripla su assist di Chris Paul, a sua volta lodevole per la gran palla recuperata in attacco, con il numero 1 che nell’azione successiva ha poi messo a referto una palla recuperata in difesa e si è involato a canestro per il sorpasso dei suoi (117-115). Boston non ha smesso di crederci, ma i Rockets sono stati abili e cinici nel finale, quanto è bastato per portare a casa un successo di misura per 123-120 che pesa tantissimo, per tutta una serie di motivi fondamentali.

 

La gara andata in scena al Toyota Center di Houston sembrava una partita di playoff per intensità, atmosfera e qualità mostrata dalle due squadre in campo, che hanno dato luogo ad un bellissimo spettacolo, mettendo in mostra il meglio del loro repertorio in entrambe le fasi di gioco. I Rockets si prendono la rivincita dopo la beffarda sconfitta per 99-98 dello scorso 29 dicembre al TD Garden, partita in cui erano stati avanti nel punteggio per quasi tutta la durata dell’incontro, arrivando anche a toccare un notevole margine di vantaggio. Oltre a ciò, hanno dimostrato di essere in grado di vincere anche partite in cui Harden e Paul (quest’ultimo condizionato da problemi di falli) non tirano efficientemente, in particolar modo da dietro l’arco (25% di precisione per entrambi).

 

Trevor Ariza (21 punti, 4 triple e 3 palle recuperate fondamentali) ed Eric Gordon, autore di ben 29 punti in uscita dalla panchina, con un ottimo 63,6% da dietro l’arco (7/11) e il 61,5% dal campo (8/13), hanno dato maggiore linfa all’attacco dei padroni di casa, Clint Capela ha dominato sotto le plance con ben 17 rimbalzi catturati, di cui ben 14 difensivi, e James Harden si è fatto valere anche in fase di copertura, con la bellezza di 5 palle recuperate. Probabilmente numerose squadre avrebbero perso al cospetto dei Boston Celtics, capaci di tirare complessivamente col 54,2% da tre (66,7% per la second unit), infilando 13 delle 24 triple tentate e con una panchina in grado di mettere a segno la bellezza di 67 punti (21 Morris, 18 Monroe, 17 Rozier, 11 Smart).