La Eastern Conference ha visto tra le sue protagoniste numerose squadre capaci di scrivere la storia del basket a stelle e strisce: i Milwaukee Bucks di Kareem Abdul-Jabbar, i Boston Celtics di Bill Russell, che detengono il record tuttora imbattuto di sei titoli consecutivi, i Chicago Bulls di Michael Jordan, i Cleveland Cavaliers e i Miami Heat di LeBron James, vere e proprie corazzate che hanno segnato tante ere della NBA, vincendo complessivamente 21 titoli.

 

Spesso e volentieri, però, la competizione ha regnato sovrana ad Ovest, mentre ad Est le poche squadre in grado di dire la loro in ottica titolo hanno avuto la strada spianata verso il raggiungimento delle Finals. I San Antonio Spurs, una delle squadre più dominanti dell’ultimo ventennio, ad Ovest e non solo, hanno vinto cinque titoli tra il 1999 e il 2014, e prima di raggiungere l’atto finale hanno sbaragliato la concorrenza di squadroni del calibro dei Los Angeles Lakers di Shaquille O’Neal e Kobe Bryant, i Phoenix Suns di Steve Nash, i Dallas Mavericks di Dirk Nowitzki, i Golden State Warriors di Stephen Curry, gli Oklahoma City Thunder di Kevin Durant e Russell Westbrook, ma quello della squadra guidata da Popovich non è un caso isolato per ciò che concerne la Western Conference.

 

Ad Est, invece, come si è spesso detto e visto, la strada per le Finals ha decisamente meno ostacoli sul suo percorso, e se la Eastern Conference ha mantenuto un certo livello negli ultimi anni nel confronto con Ovest lo deve anche e soprattutto al fatto che LeBron James, a detta di molti il miglior giocatore al mondo e, secondo alcuni, addirittura di sempre, abbia sempre giocato ad Est fino a questo momento. Nel frattempo, però, numerose squadre della Eastern Conference stanno tornando a dire la loro e a giocarsela a viso aperto con le rivali interne e quelle di Ovest.

 

La scorsa estate, con i trasferimenti di fuoriclasse del calibro di Jimmy Butler e Paul George da Est a Ovest, in molti ipotizzavano che il divario tecnico tra le due Conference sarebbe aumentato in maniera ancor più netta. Se è vero che la Western Conference continua a recitare un ruolo di primo piano e ad essere molto più combattuta (quest’anno, oltre alle varie Warriors, Rockets, Spurs e Thunder, stanno dicendo la loro anche i Portland Trail Blazers, i Minnesota Timberwolves, i New Orleans Pelicans e i Denver Nuggets), è pur vero che sull’altro fronte si sta assistendo ad un graduale ma notevole progresso in termini di competitività.

 

L’egemonia di LeBron James e dei suoi Cleveland Cavaliers, del resto, non sembra essere così salda come appariva fino a pochi mesi fa, tant’è che non sarebbe una sorpresa poi così eclatante se alle Finals vi approdassero i sorprendenti Toronto Raptors, attualmente in testa alla classifica in questa regular season, ma ancora da verificare ai playoff, e i Boston Celtics, rilanciatisi ad alta quota grazie a Kyrie Irving, ex braccio destro di The King ai Cavs e gran protagonista, insieme a LBJ, del titolo vinto dalla franchigia dell’Ohio nel 2016, unico acuto di una franchigia di Est negli ultimi quattro anni.

 

Sul podio, dunque, attualmente ci sono Raptors, Celtics e Cavaliers, ma la situazione è tutt’altro che stabile, anche perché numerose squadre sembrano avere le carte in regola per contendere loro un gradino del podio, verosimilmente più il terzo degli altalenanti Cavs che i primi due. Squadre come i Washington Wizards, gli Indiana Pacers, i Milwaukee Bucks e i Philadelphia Sixers rappresentano una seria minaccia per Cleveland, in quanto hanno dimostrato di poter ambire ad un piazzamento ancor più elevato.

 

Eppure le previsioni estive non sembravano particolarmente ottimiste nei confronti di numerose squadre di Est: la sorpresa maggiore, in questo senso, è rappresentata dagli Indiana Pacers, che a detta di molti si erano indeboliti nell’ambito della trade che ha portato Paul George in quel di Oklahoma e Domantas Sabonis e Victor Oladipo ad Indianapolis, e che invece hanno dimostrato di poter fare ancor meglio, in virtù della crescita esponenziale dello stesso Oladipo, abile nel rispedire al mittente critiche e dubbi con prestazioni eccellenti che lo hanno reso in poco tempo il trascinatore incontrastato e principale punto di riferimento di una franchigia che sembra aver già dimenticato l’era in cui tutte le speranze dei Pacers erano riposte in PG13.

 

Oltre a ciò, la Eastern Conference sembra destinata a recitare un ruolo di prestigio anche e soprattutto in futuro, soprattutto se dovesse riuscire a trattenere gran parte dei tanti giovani talenti che appaiono già fenomeni di caratura mondiale, tra cui spiccano Giannis Antetokounmpo, Ben Simmons, Joel Embiid, Kristaps Porzingis e D’Angelo Russell, oltre ai vari Kyrie Irving, Gordon Hayward, DeMar DeRozan, John Wall, Bradley Beal, Kemba Walker, Dwight Howard e Andre Drummond. Insomma, di veterani affermati e giovani talenti ad Est ce ne sono tanti, alcuni dei quali quest’anno hanno dovuto fare i conti con infortuni più o meno gravi (Hayward, Porzingis, Russell, Wall).

 

E LeBron James? Certo, nella lista rientra anche e soprattutto lui, almeno per il momento, anche perché tra qualche mese potrebbe decidere di non esercitare la player option con i Cavaliers e testare il mercato dei free agents. In quel caso, un approdo ad Ovest sarebbe tutt’altro che impossibile. Qualora The Chosen One dovesse scegliere di proseguire la propria carriera nella Western Conference, però, occhio a non commettere l’errore di sottovalutare la Eastern Conference, che ormai è pronta e competitiva quanto basta per tenere testa ad Ovest, anche senza un pilastro del calibro di James.