Nella notte, James Harden ha recitato un ruolo di primo piano nella netta affermazione per 120-104 con cui gli Houston Rockets hanno sconfitto i Washington Wizards al Toyota Center, permettendo ai suoi di tornare immediatamente a vincere dopo il ko riportato all’AT&T Center di San Antonio contro i padroni di casa degli Spurs. Il Barba ha offerto l’ennesima prestazione altisonante di una stagione da incorniciare, mettendo a referto 38 punti, 10 rimbalzi, 9 assist, una stoppata e una palla recuperata, andando vicino alla tripla doppia e dando anche un più che positivo apporto in fase di copertura, oltre al consueto determinante lavoro in attacco.

 

Houston si è messa così in tasca la sua vittoria numero 63 in stagione, dopo che nel corso della sua storia non era mai andata oltre i 58 successi in regular season, ottenuti nel 1993-1994, anno in cui, guidata da The Dream Hakeem Olajuwon, conquistò il primo titolo NBA, battendo nell’ordine Portland Trail Blazers, Phoenix Suns, Utah Jazz e New York Knicks. In un’annata a dir poco memorabile, Harden ha svolto un ruolo che definire fondamentale sarebbe riduttivo, avendo garantito un’impressionante continuità di rendimento dalla prima gara della stagione regolare ad oggi, sfornando prestazioni destinate a rimanere nella storia.

 

Su tutte, spicca la tripla doppia da 60 punti, 10 rimbalzi e 11 assist fatta registrare nel successo contro gli Orlando Magic dello scorso 31 gennaio, un’impresa mai riuscita a nessun altro giocatore prima d’ora. Non sono da meno le prestazioni offerte contro Utah Jazz il 6 novembre (56 punti e 13 assist), Phoenix Suns il 17 novembre (48 punti e 7 assist), Portland Trail Blazers il 10 dicembre (48 punti e 8 assist) e il 21 marzo (42 punti, 6 rimbalzi e 7 assist), Los Angeles Lakers il 21 dicembre (51 punti e 9 assist) e il gennaio (40 punti e 11 assist), Los Angeles Clippers il 23 dicembre (51 punti e 8 assist), Miami Heat l’8 febbraio (41 punti e 6 assist), Denver Nuggets il 26 febbraio (41 punti, 8 rimbalzi e 7 assist), Toronto Raptors il 10 marzo (40 punti).

 

Harden è stato il primo giocatore a raggiungere i 1000 e i 2000 punti segnati nel corso di questa stagione, è l’unico ad aver totalizzato 40 o più punti in ben undici partite stagionali e 50 o più punti in quattro gare e sta viaggiando a medie di 30.7 punti, 5.4 rimbalzi, 8.8 assist, 1.8 palle recuperate e 0.7 stoppate per partita, dominando la lega per media punti, offensive win shares, plus/minus, efficiency rating, tiri liberi e conclusioni da dietro l’arco a bersaglio ed è terzo nella classifica assist.

 

Oltre a ciò, The Beard mostra evidenti miglioramenti gara dopo gara, compiendo salti di qualità enormi che mette in mostra attraverso un’estrema quanto inusuale facilità nel colpire gli avversari con azioni devastanti in isolamento o triple apparentemente senza senso scagliate anche da distanze piuttosto proibitive. Dal punto di vista offensivo, l’ex Oklahoma City Thunder ha pochi eguali, tanto da aver trasformato i suoi Rockets nella squadra col miglior attacco della lega, persino davanti agli inarrestabili Golden State Warriors, una macchina da triple a dir poco efficace.

 

Dopo aver vissuto i primi tre anni della sua carriera in quel di Oklahoma, sfiorando il titolo NBA in compagnia di altri due giovani fuoriclasse del calibro di Russell Westbrook e Kevin Durant e portandosi a casa il riconoscimento di Sixth Man of the Year (16.8 punti, 4.1 rimbalzi, 3.7 assist e 1.0 palle recuperate col 49,1% al tiro e il 39% da tre in uscita dalla panchina nel 2011-2012), Harden sembrava vicinissimo all’approdo ai Washington Wizards, che erano pronti a cedere il giovane classe ’93 Bradley Beal, selezionato pochi mesi prima al Draft con la terza scelta assoluta, e Chris Singleton ad OKC in cambio del classe ’89 barbuto.

 

Nell’ottobre 2012, poi, Harden si è trasferito agli Houston Rockets, dopo essere stato anche ad un passo dal trasferirsi ai Golden State Warriors in cambio di Klay Thompson. Come sarebbero cambiate le cose se il Barba fosse passato nella capitale statunitense? Di certo, la coppia con John Wall sarebbe diventata uno dei migliori backcourt  della lega, categoria in cui, del resto, rientra anche l’attuale duo dei Maghi. Magari i Wizards avrebbero anche potuto dire la loro in ottica titolo, o quantomeno giocarsi un posto nelle Finals con i Cleveland Cavaliers di LeBron James, anche perché probabilmente non avrebbero avuto difficoltà a recitare il ruolo di principale antagonista di The King con due giocatori del calibro di John Wall e James Harden a prendere in mano le redini della squadra.

 

I due sopracitati, inoltre, potrebbero tranquillamente giocare insieme, trattandosi di due campioni indiscutibili, seppur molto diversi tra loro. Wall non ha la stessa facilità di tiro di Harden, soprattutto da dietro l’arco, ma al contempo ha più costanza e qualità in fase difensiva. Ora che Beal si è finalmente affermato nella lega, trovando la sua giusta dimensione e dimostrando il suo valore anche e soprattutto in assenza di John Wall, tanto da guadagnarsi un posto all’All-Star Game per la prima volta in carriera, i tifosi dei Wizards sono relativamente tranquilli e fiduciosi e non pensano a quel che sarebbe potuto succedere circa sei anni fa.

 

Eppure, pensare ad un duo atomico composto da John Wall e James Harden fa un certo effetto e, presumibilmente, fa gola anche e soprattutto ai tifosi di Washington, che oggi si stropicciano gli occhi davanti alle prodezze di Bradley Beal, ma quasi sei anni fa erano vicinissimi ad accogliere un giocatore che quasi sicuramente non avrebbe avuto difficoltà ad adattarsi al contesto, anche perché di magie ne fa praticamente ogni sera su tutti i parquet d’America. E se è vero che Beal (22.7 punti, 4.4 rimbalzi e 4.5 assist fin qui) ha tenuto in piedi la baracca anche quando Wall si è fermato per infortunio, è pur vero che con Harden, i Wizards avrebbero probabilmente fatto ancor meglio, alzando una volta per tutte l’asticella e tornando competitivi in ottica titolo.