Si tratta forse della prima volta in era moderna in cui ci si trova a parlare di questo argomento, così strano anche da pensare, dove i sentimenti, così contrastanti fra loro, spesso offuscano la lucidità di pensiero. Quello che accadrà in questa off-season per i San Antonio Spurs sarà di certo particolare e difficoltoso, a conseguenza che in fondo tutte le cose belle sono destinare a finire, un giorno.

 

Caso Leonard

Impossibile da posticipare, la re-building porterà tante sorprese in casa San Antonio a partire dal suo leader, quel Kawhi Leonard (grande assente di questa stagione) che ha dovuto lottare, più che con gli infortuni, con l’incapacità di dirigenza, staff medico e preparatori della franchigia di far fronte ad un problema più grave di ciò che si è dimostrato in realtà. Una stagione persa per lui, che ha collezionato in Regular Season solamente 9 presenze con minutaggio ridotto e l’impressione che qualcosa nel suo gioco e nel suo fisico non andasse. Il suo ginocchio non risponde bene al programma di recupero degli Spurs, che in qualche modo “costringono” il ragazzo ad un consulto medico a New York, e creano un’incrinatura nei rapporti con l’ambiente. Insanabile? Non è dato a noi saperlo, ma alla luce dei fattici si chiede se Kawhi sia davvero felice a San Antonio, e se vorrà essere la base del progetto Spurs o volesse semplicemente cambiare aria. La seconda ipotesi stupirebbe, visti i suoi predecessori Tim Duncan, Tony Parker e Manu Ginobili, sempre fedeli a coach Popovich e alla mentalità San Antonio: Il secondo punto riguarda soprattutto questi ultimi.

 

Il canto del cigno

Per quanto possa far male agli amanti della pallacanestro sentir parlare del suo ritiro, molto probabilmente con Gara 5 contro Golden State abbiamo assistito all’uscita di scena di Manu Ginobili. L’argentino, ormai 40enne, è avviato sul viale del tramonto nonostante la prova di grandissima caratura contro i campioni uscenti, che gli ha permesso di superare la barriera dell’età e di giocare una grande serie. Nonostante le belle parole di Steve Kerr a fine partita, l’argentino sembra ormai convinto della sua decisione, che annuncerebbe in modo “ufficioso” la fine di uno dei cicli più vincenti della storia recente. Con i suoi 16 punti (di cui 8 negli ultimi 4 minuti della gara) aveva mostrato l’ultimo lampo di una carriera fantastica, che però sembra esser finita nella Baia, dove Manu e San Antonio perdono partita e serie, ma non la faccia di sicuro.

Chi invece non sembra voler mollare la causa è Tony Parker. Martoriato dall’età e dagli infortuni, il francese ha annunciato ieri di voler continuare a giocare alla corte di coach Pop, e nel caso si dovesse rifondare e non rinnovare il contratto (in scadenza quest’anno) vorrebbe comunque continuare a calcare il parquet:

Vedremo cosa succederà. Ho già detto che voglio continuare a giocare. Sono felice di non aver avuto quelle ‘feste’ di ritiro. Voglio giocare ancora, vedremo se sarà a San Antonio. Tutti sanno che desidero restare qui, ma in free-agency non si sa mai cosa può accadere”

 

Da dove si riparte?

Domanda da un milione. O forse no? La base da cui ripartirà San Antonio sarà sicuramente la mentalità, che è stata la grande arma che ha permesso di raggiungere 5 titoli, confermandosi come un blocco capace di giocare una pallacanestro vincente e decisamente ben lontana dagli individualismi. Le prime sicurezze sono di sicuro Dejounte Murray, solida point-guard che sta crescendo sempre più, anche ben coadiuvato dal suo mentore Parker, Davis Bertans, lungo lettone che sta trovando i consensi di Pop ad ogni uscita nonchè i veterani Rudy Gay, Pau Gasol e LaMarcus Aldridge. Ma ci saranno ancora Kawhi Leonard, Tony Parker e Manu Ginobili?

Appuntamento per l’anno zero Spurs, o più semplicemente la stagione NBA 2018-19.