Il clamore mediatico degli americani e di tutta l’NBA si è schiantato contro un’imponente esplosione del ragazzino sloveno con il numero 77 sulle spalle. Del “centro più dominante dai tempi di Shaq” non si sente più parlare. Eppure, questo ragazzone sta viaggiando a cifre mostruose, che se non fosse per i continui step back di Doncic, sarebbe sulla bocca di tutti. 16.6 punti a partita, conditi con quasi 11 rimbalzi di media, queste le sue cifre nelle prime 42 partite nella lega, che non sono niente male per un rookie.
Sarà che Ayton è abituato a non montarsi la testa. Un’infanzia particolare. Nato nelle Bahamas, da genitori nigeriani. Ha conosciuto subito il significato del lavoro. All’età di 12 anni, per pagarsi gli allenamenti e il training camp, ha dovuto cercarsi un lavoro part-time. Tra sudore e lavoro, però, DeAndre riesce ad impressionare gli scout che lo spediscono a San Diego, in California. Lì a San Diego non si trova affatto male. Un anno di assestamento. Nuova scuola, nuovo paese, nuovi compagni e poi l’esplosione definitiva. Nel suo anno da sophomore su 22 partite disputate ne chiude 21 in doppia doppia.
Da San Diego, passa a Phoenix in Arizona per completare lì il suo percorso di crescita. Finita l’high school, al college Ayton è uno dei migliori nel suo ruolo, insieme ai vari Mo Bamba, Bagley III (suo ex compagno di squadra). Ayton al college domina il pitturato eppure in lui non c’era neanche lontanamente l’idea della NBA.
“Volevo solo lasciare le Bahamas. Non ho mai pensato all’NBA. Voglio solo aiutare la mia famiglia ad uscire dalla povertà.”
Eppure, quella stessa famiglia non capiva l’amore smisurato del “piccolo” DeAndre per il basket. Era un ragazzo troppo iperattivo. Questo gli ha causato tanti problemi da piccolo che lo hanno portato a cambiare molte scuole. Troppe cattive amicizie. Nonostante tutto però Ayton ha saputo reagire alla grande alle difficoltà e ha saputo sconfiggere anche le sue stesse preoccupazioni. Crescendo, allenandosi giorno dopo giorno, ha preso sempre più coscienza di sé e dei suoi mezzi atletici che lo hanno portato a figurare come la prima scelta assoluta al draft 2018.
“Non ci credevo neanche io nel basket. Nonostante ciò però appena prendevo la palla in mano, volevo battermi con i migliori ed essere il migliore.”
Forse non sarà il rookie dell’anno. Forse non sarà mai come Shaq. Quello che sappiamo però che questo ragazzone ne ha affrontate tante nella sua vita. Ha dovuto aggrapparsi ad una speranza quando intorno a lui c’era il niente, se non quell’isola da cui voleva tanto scappare. Fuggire dalla miseria per raggiungere le stelle, i migliori. Ayton è sicuramente arrivato tra i migliori, è un rookie ma di certo ha il carattere e la forza di chi è partito da sotto zero.
He’s just a kid from Nassau, come direbbe qualcuno. Continua a splendere DeAndre. Umiltà, etica del lavoro e tanto sacrificio per scolpire nella pietra questo “supereroe della Marvel”.
“It’s a miracle” ma sicuramente saprà sfruttare ogni opportunità, perché chi viene dal niente non ci vuol tornare.
Che fine ha fatto DeAndre Ayton? Sta splendendo.
Giuseppe La Gatta