La linea che lega l’Africa all’America non è poi così lunga come possiamo immaginare. Molti giocatori, ultimi in ordine di tempo Embiid e Siakam per citarne alcuni, hanno attraversato miglia su miglia per coronare un sogno, forse inimmaginabile per loro. Le storie di questi giocatori sono sempre emozionanti e molto più particolari. Se le superstar nate ad Akron o nei sobborghi di una grande metropoli americana hanno dovuto affrontare la criminalità che regna in quei luoghi, gli africani hanno affrontato la fame, che hanno trasformato in voglia, passione, dedizione. Grazie a loro riusciamo ancor di più a comprendere perché Questo non sia solo un Gioco. This is why we play.
Che non fosse solo un gioco, non lo scopriamo certo ora, ma per Pascal Siakam all’inizio era un semplice passatempo. L’ala grande dei Toronto Raptors è uno dei nomi più caldi e il più papabile per la vittoria del titolo di giocatore più migliorato (MIP). Il proprietario dei Raptors, Masai Ujiri, non è estraneo a queste scoperte, anzi. Nativo di Zaria, città situata nel nord della Nigeria, è passato anche lui attraverso le difficoltà dei sopracitati atleti africani, ma anche lui, come molti altri, ha trovato in America terreno fertile per i propri sogni.
Partito in sordina, e non abituato ai grandi palcoscenici, Pascalone poi si è subito ambientato nel nuovo sistema di coach Nurse, diventando per molti “l’ago della bilancia” in casa Raptors, in vista di una post-season che si annuncia entusiasmante e che potrebbe portarli a giocare per la prima volta nella loro storia a giocare le Finals.
Quello che stupisce di Siakam è certamente la sua storia, oltre alle doti fisiche che lo hanno portato ad emergere nella lega dei vari Lebron, Curry, Durant, Antetokounmpo e via discorrendo.
Pascal era destinato a tutt’altra carriera. Una vita dedicata allo studio, alla teologia, Siakam doveva essere un prete. Suo padre lo iscrisse in una scuola cattolica, per salvarlo dalla strada e cercando di garantire al proprio figlio, ultimo di quattro maschi, una vita dignitosa e dedita al prossimo. Padre Collins, suo professore, sapeva però che quella non era la sua strada. Pascal era un atleta e quello sarebbe stato il suo destino. Da piccolo giocava a calcio, un po’ come tutti lì in Africa. I palloni erano fatti di stracci e i campi su cui si giocavano era perlopiù pietre e polvere, ma a Pascal non importava, correva e basta. Voleva essere un attaccante, eppure si scoprirà un ottimo difensore. Il basket sino all’età di 16 anni non lo toccherà. Per lui sarà solo una distrazione tra una partita di pallone e le lezioni estenuanti della scuola. Nell’estate del 2011 però Pascal decide di seguire i propri fratelli al Mbah a Moute’s camp, un campo estivo per le giovani promesse del basket africano. Un’occasione come tante altre per regalare sogni e speranze a ragazzi con poche possibilità. Da quell’estate si innamora del Gioco. La sua tecnica è pari a zero, ma la sua tenacia, la sua velocità dei piedi e la voglia di emergere fanno si che Siakam raggiunga Basketball Without Borders, rampa di lancio per moltissimi atleti professionisti africani.
Pascal all’età di 17 anni sbarca negli Stati Uniti, alla New Mexico State University. La sua carriera universitaria però non inizia nel migliore dei modi. Prima del suo esordio in campionato una notizia sconvolge Siakam. Suo padre muore in un incidente stradale. L’uomo con cui aveva combattuto anni ed anni per inseguire il proprio sogno e l’uomo a cui però doveva tutto se n’era andato. È distrutto eppure sa che non deve fermarsi, lo doveva al suo vecchio.
Durante gli anni universitari, Pascal migliora sempre di più il suo gioco. Affina la tecnica e nel 2016 viene scelto alla numero #27 dai Toronto Raptors. Il suo esordio in NBA coincide con un’altra prima volta. Pascal era come un bambino al parco giochi, quella era la prima volta che vedeva una partita di NBA. Che strana la vita.
Durante il suo primo anno, nonostante le sue enormi doti atletiche e capacità difensive, viene spedito in D-League. Questo lo aiuterà a rafforzarsi e a migliorare le sue doti offensive. Con i Raptors 905, la squadra satellite dei Toronto, vincerà il titolo di lega e sarà anche nominato MVP delle finali, viaggiando a 23 punti e 9 rimbalzi di media nella serie.
Si guadagna la chiamata in prima squadra, ma con il sistema di coach Casey non riesce ad esaltarsi. Rotazioni corte e poco spazio dalla panchina. Ma il salto di qualità è avvenuto proprio nella stagione corrente con in panchina Nurse.
Con coach Nurse, il nostro Pascalone di quartiere ha cambiato ben 7 (SETTE!) volte il suo career high, adesso sui 44 punti, raggiunto nella vittoria per 129 a 120 sui Wizards. Dopo quella partita, le lacrime e la dedica al padre scomparso.
“Non puoi fermare il vento, puoi solo fargli perder tempo.”
Una frase che descrive al meglio la vita di Pascal Siakam. Un ragazzo destinato al sacerdozio. Una vita segnata da mille difficoltà, superate con la tenacia di chi vuole emergere, con la volontà e la forza di riuscire un giorno a realizzare qualcosa, qualunque cosa, perché se nasci in Africa, in alcune aree particolari, qualcosa significa esser vivo il mattino seguente.
Sky is the limit. Una storia che ricorda sinistramente quella di un dio greco, con i dovutissimi paragoni. E se fossimo testimoni della nascita di una nuova stella? Per il momento godiamoci Pascal Siakam, più forte del vento.