I Lakers sono campioni NBA per la diciassettesima volta nella loro storia (eguagliati i Boston Celtics per numero di titoli vinti). Il cuore di Miami stavolta non basta, così come il rientro di Dragic: gli Heat vengono travolti in men che non si dica dai gialloviola, capaci di piazzare un parziale di +20 (36-16) nel secondo quarto.
Nel finale Miami prova a reagire, ma è troppo tardi: gara-6 si conclude sul 106-93 per i Lakers, avanti di 28 lunghezze a fine primo tempo (64-36). I gialloviola festeggiano, ma quanto fatto dagli Heat non può passare inosservato solo per una sconfitta. È il trionfo di LeBron James, che vince il quarto MVP delle Finals della sua carriera, ma anche di Anthony Davis, consacratosi tra i più grandi, e dei role players che hanno dato un enorme contributo alla causa. Di seguito le pagelle della serie.
LOS ANGELES LAKERS
LEBRON JAMES 10 – In molti lo consideravano sul viale del tramonto, ma lui non ha mai dato troppo peso alle critiche, preferendo rispondere coi fatti. Questi ultimi dicono che a quasi 36 anni LeBron è semplicemente illegale e sa cambiare le partite come nessun altro giocatore. Incredibile la capacità con cui alza il livello del suo gioco e migliora i compagni. Più alta è la posta in palio, più si esalta. Le sue cifre sono addirittura superiori a quelle fatte registrare nelle storiche Finals del 2016 e l’MVP delle Finali vinto all’unanimità certifica la sua onnipotenza. La gara da 40 punti più efficiente della storia (40 punti, 13 rimbalzi, 7 assist in gara-5) non basta ai Lakers per ipotecare la vittoria, mentre la sua undicesima tripla doppia alle Finals (28 punti, 14 rimbalzi e 10 assist) permette ai suoi di conquistare l’anello.
Medie Finals: 29.8 punti, 11.8 rimbalzi, 8.5 assist, 1.2 recuperi, 59% al tiro, 42% da tre
ANTHONY DAVIS 9 – Per la prima volta in carriera lotta per un obiettivo importantissimo e mette in campo il meglio del suo repertorio per centrare il traguardo. In difesa non concede praticamente mai nulla ai suoi avversari, risultando letale sia sotto canestro che sul perimetro, mentre in attacco sfrutta tutte le armi migliori del pressoché sconfinato arsenale di cui dispone. Nel meglio della sua carriera è già riuscito a scrivere importanti pagine di storia dei Lakers e della lega.
Medie Finals: 25 punti, 10.7 rimbalzi, 3.2 assist, 1.3 recuperi, 2 stoppate, 57% al tiro, 42% da tre
RAJON RONDO 8 – Ai playoff sale di livello ogni anno e in questa stagione non è stato da meno. Rientrato a settembre, dopo essere stato fuori circa sei mesi, il classe ‘86 ha incantato a suon di giocate d’alta scuola in attacco, tra canestri impossibili e assist geniali, e astuzia e temperamento in difesa. Doppia doppia da 16 punti e 10 assist in gara-2, ben 19 punti col 73% dal campo (8/11) e il 75% da dietro l’arco (3/4) nella gara-6 che ha incoronato i Lakers campioni NBA. Playoff Rondo is back.
Medie Finals: 8.7 punti, 5.2 rimbalzi, 5.5 assist, un recupero, 39% al tiro, 33% da tre
KENTAVIOUS CALDWELL-POPE 7.5 – Dopo aver ricevuto tante critiche ed essere stato spesso bersagliato da tifosi e addetti ai lavori, KCP si prende la sua rivincita, risultando uno dei migliori giocatori dei Lakers nella bolla di Orlando, soprattutto ai playoff. Stando ai numeri (e non solo), è lui il terzo violino dei gialloviola. Chiude le Finals con cinque partite su sei in doppia cifra e con prestazioni sempre degne di nota.
Medie Finals: 12.8 punti, 2.8 rimbalzi, 2 assist, un recupero, 38% al tiro, 30% da tre
ALEX CARUSO 7 – Uno dei protagonisti inattesi del trionfo dei Lakers. Non è un All-Star, ma sa fare tante cose molto bene, sia in attacco che in difesa, e il suo enorme spirito di sacrificio è proprio ciò di cui hanno bisogno i californiani per sbrogliare alcune situazioni complicate. Nella decisiva gara-6 non si tira indietro, risultando il giocatore dei Lakers col plus/minus più alto (+20).
Medie Finals: 6.3 punti, 2.5 rimbalzi, 2.3 assist, 43% al tiro, 37.5% da tre
DANNY GREEN 5 – Finals non all’altezza di un giocatore abituato a giocare partite del genere. Le sue prestazioni, soprattutto nella metà campo offensiva, lasciano molto a desiderare e l’errore nel finale di gara-5 rischia, se non di compromettere, di complicare il percorso dei suoi. I gialloviola completano l’opera e scongiurano l’ipotesi di giocare gara-7 e lui festeggia il suo terzo anello in carriera, nonché il secondo consecutivo, dopo quelli vinti con San Antonio Spurs (2014) e Toronto Raptors (2019): tutto è bene quel che finisce bene.
Medie Finals: 7.5 punti, 2.8 rimbalzi, 1.2 assist, un recupero, 33% al tiro, 29% da tre
COACH VOGEL 8.5 – Tanti i meriti dell’ex coach dei Pacers e dei Magic, il cui operato passa spesso inosservato. Nel corso dei playoff ha saputo adattarsi a ogni situazione, tirando fuori il meglio dai suoi giocatori. Al suo primo anno sulla panchina gialloviola centra immediatamente l’obiettivo titolo, portando i Lakers al primo posto a Ovest e soprattutto alla conquista del loro diciassettesimo anello. Non ha vinto il Coach of the Year, ma può consolarsi col premio più importante.
MIAMI HEAT
JIMMY BUTLER 9 – Per distacco il migliore degli Heat. Fa di tutto e lo fa benissimo, risultando come al solito l’ultimo a mollare e rendendosi autore di ben due triple doppie, di cui una da 40 punti, 11 rimbalzi e 13 assist in gara-3 e una da 35 punti, 12 rimbalzi e 11 assist in gara-5. Resta in campo per 43 minuti a partita, toccando quasi 48’ in gara-6. Zittisce i detrattori e si conferma un trascinatore di assoluto livello, un fuoriclasse a tutti gli effetti.
Medie Finals: 26.2 punti, 8.3 rimbalzi, 9.8 assist, 2.2 recuperi, 55% al tiro, 31% da tre
BAM ADEBAYO 6.5 – Disputa un’ottima post season ma è sfortunato proprio sul più bello. L’infortunio pesa tantissimo sul prosieguo della sua serie e anche dopo il rientro non riesce ad avere l’impatto che potrebbe e vorrebbe avere. Ciò nonostante, dà un contributo importante alla causa su entrambi i lati del campo e chiude nel migliore dei modi, con una bella doppia doppia da 25 punti, 10 rimbalzi, 5 assist e 2 stoppate col 67% dal campo (10/15).
Medie Finals: 15.3 punti, 6.3 rimbalzi, 2.5 assist, 53.5% al tiro
TYLER HERRO 6.5 – Un rookie già protagonista in una squadra che lotta per il titolo. Sa scegliere come pochi il momento in cui salire in cattedra e pensare che abbia soltanto 20 anni mette i brividi. Qualche errore di troppo è comprensibile, ha ampi margini di miglioramento e gli Heat sapranno farglieli sfruttare al meglio. È il primo rookie del 2000 a disputare le Finals, ma il meglio deve ancora venire.
Medie Finals: 14.7 punti, 4.2 rimbalzi, 3 assist, 37% al tiro, 37% da tre
DUNCAN ROBINSON 7 – La continuità non è il suo forte, ma quando è in forma vederlo giocare è a dir poco spettacolare. In gara-5 offre un apporto enorme, con ben 26 punti e 7 triple segnate su 13 tentativi, risultando uno dei migliori nella vittoria fondamentale degli Heat. Dalla G-League alle Finals, un cammino tortuoso ma di cui vale la pena vivere ogni attimo.
Medie Finals: 12.5 punti, 2.7 rimbalzi, 2.5 assist, 40% al tiro, 39% da tre
JAE CROWDER 6 – È uno dei 3-and-D più forti in circolazione e lo dimostra anche nella splendida cavalcata dei suoi Miami Heat. Non sempre impeccabile, soprattutto in fase offensiva, ma la sua presenza è fondamentale per tenere aperta la serie il più possibile. Sarà free agent a breve e difficilmente gli Heat se lo lasceranno scappare.
Medie Finals: 11.2 punti, 5.2 rimbalzi, 1.2 assist, 42% al tiro, 33% da tre
KELLY OLYNYK 6.5 – Non avrebbe dovuto avere un minutaggio elevato nelle Finals, ma l’infortunio occorso a Adebayo lo ha proiettato a sorpresa in quintetto. L’ex Celtics non ha deluso, facendosi trovare pronto e dando un grande aiuto ai suoi compagni: pazzesca la sua prova in gara-2, con 24 punti e 9 rimbalzi, molto bene anche in gara-3 (17 punti, 7 rimbalzi e 2 recuperi).
Medie Finals: 11.6 punti, 6 rimbalzi, 1.4 assist, 49% al tiro, 41% da tre
COACH SPOELSTRA 8.5 – Non ci sono aggettivi per definire il lavoro di coach Spo a Miami. Nell’estate 2019 in pochi avrebbero scommesso sui suoi Heat, ma lui ci ha sempre creduto e con grande tenacia ha lavorato duramente per costituire una squadra da titolo, riuscendo ad arrivare fino in fondo. Alle quinte Finals della sua carriera arriva la terza sconfitta, ma la sua Miami non ha ancora finito di entusiasmare e l’anno prossimo avrà intenzione di riprovarci.