La storia di Giannis Antetokounmpo ha ben poco di normale. È un’avventura che parte dalla Nigeria, passa per la Grecia, paese natale del numero 34 dei Milwaukee Bucks, ed arriva fino all’America. Un viaggio lungo e emozionante, ma tutt’altro che facile. 

È il 1992 quando la famiglia Adetokunbo sbarca in Grecia dalla Nigeria. Due anni più tardi viene al mondo Giannis, che sin da piccolo aiuta i suoi genitori facendo i lavori più disparati: manovale in cantiere, babysitter e venditore ambulante. Tra povertà e difficoltà di tutti i tipi, il piccolo Giannis non smette mai di lottare, al pari dei fratelli Thanasis, Kostas, Francis e Alexis. 

E per chi lotta una speranza nella vita c’è sempre. Per Giannis, la speranza è la palla a spicchi, il basket. Ben presto, infatti, il classe ‘94 sviluppa notevoli mezzi fisici e atletici e pare predisposto per diventare un cestista dal talento sconfinato. Nel 2013 i Milwaukee Bucks lo selezionano con la quindicesima scelta assoluta al Draft: not bad, ma ben presto dimostrerà di valere molto di più. 

Dopo essere migliorato anno dopo anno, tanto da portarsi a casa il premio di Most Improved Player nel 2017, arriva una bruttissima notizia a sconvolgere la vita del ragazzone greco di origini nigeriane: nello stesso anno, infatti, suo padre Charles viene stroncato da un infarto a 53 anni. 

Giannis è distrutto, ma al tempo stesso ha sempre superato ogni difficoltà e sa che la cosa più giusta è andare avanti e lottare anche in questo caso. Per sé stesso, per sua madre e i suoi fratelli, ma soprattutto per suo padre. Il triste avvenimento sprona Antetokounmpo a migliorare sempre di più e a non fermarsi mai di fronte agli ostacoli che si trova a fronteggiare, proprio come aveva fatto da piccolo in Grecia.

L’anno della svolta è il suo sesto in NBA, quello da poco conclusosi. Giannis è ormai una superstar a tutti gli effetti, prende parte al suo terzo All-Star Game in carriera e trascina i Milwaukee Bucks al miglior record della lega (62-20, primo posto a Est) a suon di prestazioni faraoniche.

Dopo essere stato votato per l’All-NBA First Team all’unanimità e aver ottenuto un posto nel miglior quintetto difensivo della stagione, arriva la ciliegina sulla torta: il tanto agognato premio di Most Valuable Player, il trofeo assegnato annualmente al miglior giocatore della regular season. 

Antetokounmpo si aggiudica un duello tutt’altro che agevole con James Harden, protagonista di un’annata storica, e scoppia in lacrime durante il discorso di ringraziamento, ripensando a suo padre Charles e a tutti i sacrifici fatti per arrivare a questi livelli.

Sacrifici che hanno pagato e non poco. A 24 anni, infatti, The Greek Freak è uno degli atleti più influenti della lega, un All-Star e un MVP che ha ancora tantissimi margini di miglioramento. Lui, però, resta sempre quel ragazzo umile e genuino che sgomitava per trovare il suo posto nel mondo tra i quartieri di Atene. 

Del resto, se è vero che con impegno, sacrificio e abnegazione si possono raggiungere le vette apparentemente più inarrivabili, è pur vero che certe cose ti segnano a vita e sono impossibili da cancellare. Giannis è uno che le vere sfide le ha affrontate fuori dal parquet, che l’ansia l’ha provata solo quando non sapeva se avrebbe cenato o no e cosa gli avrebbe riservato il futuro, che non ha paura di nulla non per arroganza, ma perché davvero non ha nulla da temere.

In pochi riescono a superare certi ostacoli senza arrendersi prima del dovuto. È per questo che le sue lacrime non sono un segno di debolezza, bensì un’autentica manifestazione di forza caratteriale, di valori indispensabili che soltanto un ragazzo dal cuore d’oro come lui può avere. 

Spesso la fama, il denaro e la gloria trasformano gli uomini in bestie assatanate che fanno a gara tra loro senza alcuna pietà. Nel caso di Giannis, invece, rappresentano soltanto la meritata ricompensa per un ragazzo che ha sempre fatto di necessità virtù e che ci ha dimostrato ancora una volta che con costanza e forza di volontà nulla è impossibile.